Roma. Due episodi di brutale e ingiustificata violenza. Due video fatti con un cellulare che poi, pubblicati sul web, circolano in modo virale sui social, soprattutto fra i giovanissimi. Due pestaggi in piena regola, condotti in gruppo, di cui uno dichiaratamente a sfondo razzista nei confronti di un ignaro cittadino bengalese casualmente scelto come bersaglio in una strada della Capitale. Due casi in cui l’odio viene espresso e veicolato attraverso l’uso della forza fisica a colpi di arti marziali e pugilato, e poi riversato in circolo nel web per catturare like e ispirare comportamenti simili. Due episodi avvenuti tra marzo e aprile 2020, oltretutto in pieno lockdown da Coronavirus, dei quali il popolo del web ha discusso ma né i gesti plateali né i video hanno suscitato la dovuta indignazione e condanna. Due violenze, ma in realtà non sappiamo quante ne abbiano potute compiere in “modalità offline”.
Ieri, dopo 8 mesi dai fatti, sono stati arrestati quattro giovani ‘trapper’ della scena romana: Alex Refice, in arte “Sayanbull”, Manuel Parrini, Ilunga Omar Nguale e Tiziano Barilotti, tutti praticanti di arti marziali e pugilato, tra i 23 e i 36 anni. Destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare domiciliare, sono accusati dei reati di sequestro di persona, violenza privata, propaganda e istigazione a delinquere “per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa”. A incastrarli, proprio quei video di ostentazione gratuita a mo’ di trofeo delle violenze perpetrate. Il video del primo pestaggio (purtroppo è ancora in rete, sebbene YouTube l’abbia rimosso, e fra i tanti link, è visibile qui), che dura più di due minuti, ha raggiunto in poco tempo circa mezzo milione di visualizzazioni finendo primo tra i trend di YouTube.
Questo primo episodio, che risale al 7 marzo 2020, si è consumato nella cornice del mondo ‘trap’, che fa riferimento a un sottogenere musicale dell’hip hop che vede tra i temi principali droga, sesso, successo, fama e soldi. Pochi minuti prima della mezzanotte, il gruppo guidato da Sayanbull arriva in uno studio di registrazione musicale a Portonaccio dove altri ‘trapper’ (noti come Gallagher, Ski e Wok) sono intenti a suonare, ed esplode la violenza. I sei giovani (Sayanbull e i suoi amici pugili, già noti alla giustizia dal 2019, quando sono stati arrestati per un brutale pestaggio ai danni di un barman, che riporta lesioni gravissime con deformazione permanente del viso, poi processati per direttissima e rimessi piede libero), impedendo fisicamente ogni via di fuga, colpiscono le vittime ‘avvalendosi’ delle tecniche di arti marziali e pugilato. Secondo le ricostruzioni, il tutto sarebbe stato perpetrato con “violenza cieca”, “senza alcuno scrupolo per le vittime”. Durante il pestaggio, “le vittime sanguinanti sono state costrette a restare in ginocchio e con lo sguardo rivolto in basso, a sottolinearne la sottomissione agli aggressori”. Le violenze si sarebbero protratte per almeno un’ora, fino a quando gli aggressori si sono allontanati dalla sala di registrazione. Le vittime sarebbero state “colpevoli” di aver rubato loro capi di abbigliamento. Secondo quanto riporta lo Youtuber Social Boom, per realizzare il suo ultimo videoclip Gallagher avrebbe preso in prestito alcuni abiti firmati da un coetaneo. Quando gli è stato chiesto di restituirli, si sarebbe rifiutato. Da qui la reazione di Sayanbull, imparentato con il proprietario degli abiti.
Quelle immagini pubblicate su YouTube diventano virali in poco tempo, tanto da attirare anche l’attenzione di Fedez, proprio dopo che il video era stato caricato sul canale di gossip realizzato da Social Boom. “In questo momento primo in tendenze su YouTube c’è un video in cui quattro pugili professionisti picchiano e pestano tre ragazzini inermi. Primo in tendenze su YouTube. Io mi rivolgo direttamente a YouTube Italia adesso: ma quanto ci mettete a buttare giù questo ca**o di canale, me lo spiegate? Cosa vogliamo spiegare al pubblico giovane? Che se fai un video dove ci sono delle persone che vengono picchiate finisci primo in tendenza?”, è lo sfogo su Instagram di Fedez. In realtà, la ragione della spedizione punitiva sarebbe stata solo una questione di “fama”. «In questo momento sono il trapper più hype (più influencer e più ricercato)», avrebbe raccontato Ghallagher agli inquirenti.
Il secondo pestaggio risale ad aprile (la data è ancora incerta). Parrini e Refice (Sayanbull, ndr), in strada, si scagliano improvvisamente e senza alcun motivo su un passante, un cittadino di origini bengalesi, lasciato a terra, privo di sensi dopo essere stato colpito da un calcio secco al volto (a colpirlo è sempre Refice, ndr). La scena viene immortalata da Parrini, che posta il filmato su Instagram con il titolo «Sayanbull dà un calcio in faccia ad un bangladino senza motivo». Ad aggravare le immagini, la frase “Questo è un uomo?” e l’aggiunta della scritta “wasted” (“sprecato”, ndr), a svilire la dignità di chi subisce odio e di violenza. Sul finale del video, si sente il commento di Parrini che dice: «No frà (fratello, ndr), perché fai questa cosa?».
Il gip, alla fine, ha deciso di confermare il fermo per tutti e quattro, perché, come scrive nell’ordinanza, “nessuna efficacia deterrente ha sortito la precedente esperienza giudiziaria”. È una storia inquietante che si ripete a poche settimane dal caso dei fratelli Bianchi coinvolti nell’omicidio di Willy Monteiro. Il gruppo dei quattro arrestati ieri, ha ancora sottolineato il gip, era già pronto “per altri raid, avrebbero colpito ancora, impuniti e spavaldi come erano da sempre abituati a essere”. A ciò, si aggiunge una importante dichiarazione del pubblico ministero circa l’aggravante razzista: «La pubblicità di tale gesto violento e discriminatorio, ed il grande numero di visualizzazioni ottenute, costituiscono un grave e palese tentativo di incitamento all’odio etnico e razziale che potrebbe innescare in alcuni degli utenti l’emulazione del gesto, specialmente negli ambienti più radicalizzati dove già cova la rabbia verso lo straniero».
E ritornano pressanti degli interrogativi irrisolti, che pure a più riprese abbiamo riproposto: ovvero, la colpa è di chi pubblica video come questi, di chi li guarda o di entrambi? In teoria, dovrebbe esistere un filtro, una moralità che guidi con buon senso cosa sia giusto mostrare e cosa non mostrare. Dovrebbe esistere un freno morale, una sorta di “social-etica” nel divulgare anche episodi che banalmente afferiscono alla vita personale di ciascuno di noi. Non si può dare in pasto ad un pubblico indistinto “tutto” solo per il proprio tornaconto, la fama e per “aumentare le visualizzazioni”. Ci dovremmo chiedere anche e soprattutto perché al “pubblico” interessi un contenuto del genere al punto da farlo schizzare primo in tendenza. Sono così interessanti le bagarre dei trapper romani? E’ così interessante guardare violenze gratuite attraverso lo schermo? Allora quella “colpa” (vedi responsabilità) sta anche in chi guarda e condivide (e fa aumentare le visualizzazioni) e non solo in chi pubblica. Il vero tema da affrontare, che ha dell’inquietante, è che se non ci fosse “domanda”, non ci sarebbe neanche “offerta”. Soprattutto fra i più giovani.
E ciò va analizzato con tutte le conseguenze “virali” che ne derivano.