Tutti d’accordo sulla missione militare con obiettivo la distruzione dei barconi. Disaccordo totale sulle quote di redistribuzione dei profughi. E’ una sintesi estrema, ma di fatto si può riassumere così la posizione assunta dall’Unione europea rispetto a quella che ostinatamente viene definita “un’emergenza”. E di “posizione” si deve parlare: perché la fase in cui ci troviamo è ancora di discussione e concertazione, e non di messa in atto di misure pratiche e concrete.
I ministri degli Esteri e della Difesa europei hanno approvato la missione militare EUNAVFOR Med, il cui costo stimato solo per la fase di avvio prevista per i primi due mesi è di 11,82 milioni di euro. I prossimi passi dovranno compiersi a giugno: il 25 e 26, per la precisione, durante il Consiglio Europeo che darà, o meno, il via libera alla missione e alla sua pianificazione. Stando alle dichiarazioni, la sua realizzazione sembra vicina: L’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri Federica Mogherini ha anticipato che la sede della missione dovrebbe essere l’Italia, fornendo anche il nome dell’ammiraglio che dovrebbe guidarla, Enrico Credendino. EUNAVFOR Med dovrebbe procedere per fasi: ad un primo momento di intelligence, che potrebbe partire anche senza la copertura della risoluzione Onu e dovrebbe svolgersi in acque internazionali, dovrebbero seguire la ricerca dei “mezzi usati dai trafficanti”, con il conseguente “blocco, ispezione e distruzione dei barconi [.. ] in base alla legge internazionale e in partnership con le autorità libiche”, come assicurato dai ministri europei. Già da ora ci sarebbe la disponibilità di navi italiane, francesi, britanniche, tedesche, spagnole e greche.
Ma a proposito della partnership con le autorità libiche, ieri il governo di Tobruk riconosciuto dalla comunità internazionale è tornato a ripetere che «ogni azione militare deve svolgersi con il consenso delle autorità libiche: il governo non accetterà alcuna violazione della sovranità libica e non accoglierà questo piano a meno che non sia coordinato con le autorità del luogo. Rifiuta poi qualsiasi ipotesi di prendere di mira le imbarcazioni: per ragioni umanitarie ma anche per non mettere in pericolo i pescatori libici».
Proprio Mogherini pochi giorni fa discuteva dell’avvio delle operazioni militari presso il Consiglio di sicurezza dell’Onu, che stando alle dichiarazioni dell’Alto rappresentante “condivide il senso di urgenza dell’Unione europea” in merito alle migrazioni. In realtà, su quella che l’Alto rappresentante ha definito la “distruzione degli asset dei trafficanti” – di fatto il bombardamento delle barche – il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon poco tempo fa aveva espresso parere sfavorevole: “Le autorità devono focalizzarsi sul salvataggio delle vite. La sfida è anche assicurare il diritto all’asilo del crescente numero di persone che in tutto il mondo scappano dalla guerra e cercano rifugio”. Ciononostante, la missione non è stata esclusa dal Consiglio di sicurezza, che sta vagliando un nuovo testo approvato dai ministri degli esteri e della difesa europei. Un documento dai “toni attenuati per tenere conto delle diverse sensibilità al Palazzo di Vetro”, come ammette il ministro della Difesa Roberta Pinotti, la quale precisa che le modifiche “sono solo semantiche”.
La sensibilità dell’Onu e dell’Unione europea sembra quindi molto alta per le parole, poco per le persone. Perché, come affermato più volte da ong e associazioni, i trafficanti sono l’ultimo anello di un sistema che impedisce alle persone di fuggire dal proprio paese per vie legali. Un dato di fatto che non sembra smuovere le politiche migratorie dell’Unione europea e degli stati membri: ne è un’evidenza il secco ‘no’ che molti stati membri hanno sollevato contro la redistribuzione dei profughi in tutta l’UE. Gran Bretagna, Polonia e Ungheria si erano da subito detti contrari al cosiddetto ‘sistema quote’, caldeggiato invece dal presidente della Commissione Eu Juncker. Irlanda, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lettonia, Estonia, Lituania, Danimarca e Finlandia non si sono aperti a questa possibilità. E ora anche la Francia – che secondo i calcoli della Commissione dovrebbe accogliere il 14% dei richiedenti asilo in più rispetto ad oggi – ha espresso parere negativo, seguita dalla Spagna. La Germania non si è sbilanciata, evitando ad oggi di prendere una posizione.
Di fatto, uno stop molto forte alla riforma del regolamento Dublino, che obbliga una persona che vuole chiedere protezione internazionale a inoltrare domanda nel primo paese di ingresso.
E un segnale molto forte in merito alla posizione dei paesi membri rispetto all’accoglienza dei profughi: semplicemente, si rifiutano di accoglierli.
Qui il comunicato della riunione dei ministri degli esteri: http://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2015/05/18-council-establishes-naval-operations-disrupt-human-smugglers-mediterannean/
Qui il resoconto della riunione dei ministri della difesa: http://www.consilium.europa.eu/en/meetings/gac/2015/05/st08967_en15_pdf/