Testimoni legati a movimenti di estrema destra, falsificazione del materiale probatorio, falle nell’inchiesta giudiziaria: è questo quello che gli avvocati della Ong Jugend Rettet hanno portato alla luce nel corso della prima udienza del processo, tenutasi il 19 settembre a Trapani. Durante l’udienza, la Ong ha chiesto anche il dissequestro della nave Iuventa, ferma da inizio agosto.
Risale ormai a un anno fa l’avvio dell’inchiesta aperta dal procuratore di Trapani Ambrogio Cartosio per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Un’indagine contro ignoti, come spiegava allora lo stesso Procuratore: “Ci sono stati incontri e contatti in mare tra la Iuventa e le imbarcazioni dei trafficanti libici, ma non è emerso uno stabile collegamento tra l’equipaggio della Ong e i trafficanti. Per questo nessuno dei volontari imbarcati sulla Iuventa è indagato per associazione a delinquere. Sostenere che ci sia un piano coordinato tra ong e trafficanti mi sembra fantascienza, anche perché le finalità sono ben diverse”. Eppure, a inizio agosto il gip Cersosimo ordinava il sequestro della nave Iuventa, battente bandiera olandese, impegnata in operazioni di ricerca e soccorso. “Le indagini, avviate nell’ottobre del 2016, hanno consentito di raccogliere elementi indiziari in ordine all’utilizzo della motonave Iuventa per condotte di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, spiegava il Procuratore.
A distanza di un anno dall’avvio, l’indagine è ancora contro ignoti: ma questo non ha impedito ai membri di Jugend Rettet di prendere parte all’udienza. “Anche se nessuno è formalmente obbligato ad essere presente, abbiamo deciso di venire e rispondere a tutte le domande. Non abbiamo niente da nascondere”, spiega la Ong in una nota.
Oltre a non avere nulla da nascondere, la Ong ha anche molto da dire. Elementi decisamente importanti, che rischiano di passare in secondo piano rispetto alla polemica che per mesi ha tenuto banco sulle prime pagine dei quotidiani, nei programmi televisivi, nel dibattito politico. E invece è importante evidenziarli, questi elementi. Prima di tutto, la base da cui è partita l’indagine: le testimonianze di due addetti della Imi Security Service, presenti a bordo della nave Vos Hestia di Save the Children. Denunce spontanee e poco concordanti: “Uno dei due agenti accusatori riferisce che gli scafisti sono fuggiti via verso la Libia con una barca di legno; il secondo afferma che sono andati via con un gommone. Una contraddizione palese”, afferma il legale della Ong tedesca Leonardo Marino. “Eppure, questi elementi sono stati ritenuti sufficienti per avviare un’indagine e procedere al sequestro preventivo della Iuventa”.
A seguito delle testimonianze dei due agenti della Imi, un agente sotto copertura dello Sco (Servizio centrale operativo, servizio della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato) era stato imbarcato sull’Hestia. Così, insieme alle testimonianze dei due addetti di Imy, erano stati prodotti gli elementi probatori che avevano portato al sequestro della Iuventa. La Ong ha però ricostruito gli eventi, e la dinamica emersa non collima con quanto riportato dall’accusa. Non ci fu alcun collegamento né accordo con i trafficanti a proposito di “consegne” di migranti: fu il Centro di coordinamento di Roma a inviare la Iuventa nella zona di soccorso. «Tutte le operazioni, oggetto dell’indagine, sono state condotte sotto il diretto controllo dell’Mrcc (Maritime Rescue Coordination Centre Roma)», spiega Marino, corrispondenza mail tra la Ong e il Mrcc alla mano. “I natanti che trascinano tre imbarcazioni, immortalati da fotografie che gli investigatori hanno diffuso alla stampa e che hanno fatto il giro del mondo, non appartengono a Jugend Rettet”.
Emerge poi un altro aspetto particolarmente grave e inquietante: la Imi Security Service risulta legata al movimento di estrema destra Generazione Identitaria, testa della missione Defend Europe che, con la nave C-Star, si proponeva di intervenire in mare non per salvare vite, bensì per bloccare le imbarcazioni su cui viaggiano i migranti e dirottarle verso Libia e Tunisia. Il collegamento era stato già evidenziato da Famiglia Cristiana, in un articolo pubblicato a inizio agosto a firma di Andrea Palladino e passato forse troppo sotto silenzio, secondo cui ci sarebbe un legame diretto tra Imi e l’ex ufficiale della Marina militare Gian Marco Concas, uno dei portavoce di Generazione Identitaria e “direttore tecnico” dell’operazione Defend Europe.
Accusate in blocco di essere colluse con i trafficanti di esseri umani e di non collaborare con le forze di polizia, le ong che, a fronte di una grave assenza istituzionale, si occupano di soccorrere le persone che rischiano la propria vita cercando di raggiungere l’Europa, sono state chiamate ‘taxi del mare’, accusate di guadagnare sulla pelle dei migranti e, in generale, di fare un lavoro dai contorni poco chiari. Di fatto, per mesi si è gettato discredito su loro e il loro lavoro. Ma senza prove: infatti, lo scorso maggio arrivava la smentita della Commissione Difesa del Senato, che dopo un lungo ciclo di audizioni evidenziava come non ci sia mai stata “nessuna collusione tra Ong e organizzazioni di trafficanti”. Ciononostante, una narrazione mediatica tutta sbilanciata a favore della criminalizzazione delle Ong, un dibattito politico più che aggressivo e la mancanza di informazioni chiare hanno avuto delle serie conseguenze. Prima di tutto, sull’immagine delle Ong, macchiata da notizie molto diffuse, ma anche molto false. E poi le misure concrete: ad esempio, il ‘codice di condotta’ scritto dal governo italiano, e sul quale si è chiesta la firma delle Ong, di fatto come condizione per proseguire le operazioni di ricerca e soccorso. Jugend Rettet si è rifiutata di firmare il codice, insieme ad altre ong. Pochi giorni dopo questa decisione arrivava il sequestro della Iuventa. “Ci troviamo dinanzi ad una falsificazione terrificante del materiale probatorio raccolto contro di noi, si è prodotta una campagna strumentale e diffamatoria», commentano i membri della Ong, che denunciano come le vere violazioni avvengano altrove, e con la complicità dell’Unione Europea: “Fra il 15 e il 17 settembre più di mille persone sono state catturate in acque internazionali dalla Guardia costiera libica e portate nei centri di detenzione, violando le leggi internazionali. Centri finanziati dall’Europa e in mano agli stessi gruppi che gestiscono il traffico di migranti”.
Intervista di Sergio Scandura all’avv Leonardo Marino, legale della Ong tedesca Jugend Rettet