A uccidere Muhammad Shahzad Khan, il 28enne pakistano morto il 18 settembre scorso sul marciapiede di via Ludovico Pavoni, nel quartiere romano di Torpignattara, non è stato un solo pugno: una serie di colpi diretti alla testa gli hanno provocato un’emorragia interna. A dirlo sono i primi risultati dell’autopsia eseguita dall’istituto di medicina legale della Sapienza, che parlano di “un reiterato traumatismo contusivo del capo con frattura temporale destra e emorragia sub aracnoidea diffusa”.
Era il 18 settembre scorso, un giovedì, intorno alle undici e trenta di sera. Muhammad Shahzad Khan stava camminando per le strade del quartiere, recitando a voce alta le Sure del Corano. Le prime informazioni diffuse da molti organi di stampa parlavano di un uomo senza fissa dimora, ubriaco e particolarmente molesto. Avrebbe sputato in faccia a un ragazzo romano di 17 anni, che l’avrebbe colpito con un pugno (Alcuni esempi della cronaca all’indomani dell’omicidio, qui, qui, qui).
I dati che emergono dalle indagini in corso descrivono però una vicenda diversa.
L’uomo non era senza fissa dimora: dal 30 agosto viveva in un centro di accoglienza in via Pietralata, convenzionato con il Comune. Probabilmente non era nemmeno ubriaco: per saperlo si dovranno attendere i risultati completi degli esami tossicologi. Al centro di accoglienza affermano che “Shahzad non è mai rientrato in stato di ubriachezza”.
I testimoni oculari ascoltati in sede di incidente probatorio dal pm minorile Carlo Paolella parlano di un uomo che pregava a voce molto alta, forse -questo sì- disturbando il vicinato. Un atteggiamento probabilmente dettato dalla situazione in cui si trovava: solo, con la moglie e il figlio di tre mesi – mai visto – rimasti in Pakistan, senza lavoro, aveva appena ricevuto la notizia di un lutto familiare. Non sembra stesse molestando o aggredendo nessuno. In quel momento sarebbe arrivato il 17enne in compagnia di un amico, entrambi in bicicletta, il quale, secondo la testimonianze riportate dal quotidiano La Repubblica, si sarebbe scagliato subito contro il cittadino pachistano, colpendolo con un pugno e facendolo cadere a terra. Ma non si sarebbe fermato, come ha dichiarato il ragazzo alla polizia: lo avrebbe invece colpito più volte con calci alla testa. Proprio allora alcuni residenti avrebbero urlato al ragazzo di fermarsi, ricevendo gli insulti del padre del minorenne: “Fateve li c… vostra”, “Gliel’ho detto io di farlo”, “Tornatevene ai Parioli”, “Zecche “, riferisce sempre il quotidiano La Repubblica.
Le indagini in corso dovranno anche accertare se a colpire la vittima sia stata una sola persona, o un gruppo. Il diciassettenne, per il quale il Tribunale ha respinto la richiesta di scarcerazione, è accusato di omicidio con la formula del dolo eventuale. Intanto, la procura di Roma ha iscritto il padre del minorenne nel registro degli indagati. L’accusa è di istigazione e favoreggiamento di omicidio volontario.