La quinta sezione penale della Cassazione conferma la sentenza pronunciata il 28 febbraio del 2017 dalla Corte d’assise d’appello di Roma. Giunge, quindi, dopo 4 anni, la condanna definitiva a 10 anni di carcere per l’uomo, un 44enne romano, che aveva istigato suo figlio, all’epoca dei fatti ancora minorenne, ad uccidere a calci e pugni Kahn Muhammad Shahazad, un cittadino pakistano, che si trovava in strada nel quartiere romano di Tor Pignattara, in via Pavoni, nella tarda sera del 18 settembre 2014 (noi ne avevamo parlato qui e qui, oltre che nel nostro quarto libro bianco sul razzismo in Italia).
I giudici di secondo grado, nel febbraio 2017, avevano già ridotto di molto la pena per l’imputato, condannandolo a 10 anni, mentre in primo grado la Corte d’assise gli aveva inflitto 21 anni di reclusione per omicidio volontario. La pena è stata ridotta perché è stato derubricato il reato: da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale, aggravato dai futili motivi e dall’istigazione di un minorenne a compiere un reato. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, Kahn Muhammad Shahazad, 28 anni, morì in strada, ucciso con un pugno, perché aveva cantato ad alta voce sotto le finestre dell’abitazione dell’imputato che gli aveva lanciato contro, dalla finestra, anche una bottiglia d’acqua. Il figlio dell’imputato, che in quel momento era a bordo di una bicicletta, in compagnia di un amico, ascoltate le invettive del padre, si sarebbe scagliato contro il giovane cittadino pakistano colpendolo con pugni e calci e causandone la morte.
Il figlio del barista era stato condannato in primo grado nel 2015 a otto anni. La pena era stata poi rimodulata con 24 mesi di messa alla prova in una comunità (ma il mese prossimo si celebrerà ancora il processo d’appello).
Per quel delitto, contraddistinto da «una violenza indescrivibile» (come l’ha definita il gip all’epoca dell’arresto del ragazzo), l’uomo mentì per salvare il figlio: «Quello straniero ha sputato a mio figlio, gli ha dato uno spintone e allora gli ho detto “gonfialo” per dire difenditi, mica dicevo ammazzalo nel senso di ucciderlo. È stata una disgrazia. Avrà battuto la testa». All’arresto del ragazzo, seguirono numerose manifestazioni di sostegno all’omicida e cortei anti-immigrati nel quartiere.