La Presidente della Camera, Laura Boldrini, il 14 agosto, ha deciso di dire pubblicamente ‘basta’ agli insulti e alle volgarità gratuite nei suoi confronti. Lo ha annunciato sul suo profilo Facebook, con l’intenzione di far valere i propri diritti nelle sedi opportune («Ho riflettuto a lungo se procedere o meno in questo senso, ma dopo quattro anni e mezzo di quotidiane sconcezze, minacce e messaggi violenti ho pensato che avevo il dovere di prendere questa decisione come donna, come madre e come rappresentante delle istituzioni»). Per far comprendere meglio al popolo del web la gravità e la molteplicità degli insulti e delle minacce ricevute, la Presidente della Camera ha pubblicato una “selezione” di alcune delle frasi irripetibili, dando vita all’hashtag #AdessoBasta.
In effetti, negli ultimi quattro anni e mezzo, da quando è diventata la terza carica dello Stato, Laura Boldrini, attraverso i canali social, ma anche tramite gli articoli pubblicati su alcuni quotidiani, ha ricevuto centinaia di offese: alcune più velate, altre, più pesanti, evocano stupri e violenze di gruppo, quasi a voler ottenere una “punizione” per le sue posizioni politiche. Senza contare, poi, quanto sia stata protagonista inconsapevole e vittima di cosiddette “bufale” in merito a dichiarazioni mai pronunciate. Avrebbe chiesto di rendere obbligatorio il burqa e di inserire a scuola corsi di Corano, avrebbe richiesto una tassa sulla carne di maiale e l’istituzione di un premier Rom, aperto un conto a Panama per raccogliere fondi destinati ai migranti di musulmani, oltre a voler istituire l’obbligo per i ristoranti italiani «ad avere almeno una pietanza kebab» nel proprio menu o a regolamentare la precedenza dei figli dei migranti nelle iscrizioni degli asili nido.
La questione era stata già sollevata in novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, quando Laura Boldrini aveva pubblicato i messaggi dei suoi accusatori della rete senza ometterne l’identità.
Ma evidentemente neanche quest’ultimo atto ufficiale e abbastanza perentorio è bastato per fermare chi, dietro una potente tastiera, attraverso ogni singolo battito di tasto, prova gusto a seminare odio.
Infatti, già il 15 agosto, con un titolone in prima pagina, a nove colonne, Il Tempo annunciava: “Taci, il nemico ti ascolta. Pugno di ferro. Occhio a cosa scrivete sul web: La Boldrini vi denuncia (anche se lo faceva già). Come se, tra lodi ai profughi e sparate antifasciste, servissero altri motivi per non sopportarla”. E proprio dai social, Twitter nello specifico, Francesco Storace, presidente del Movimento nazionale per la sovranità, così ha commentato l’iniziativa della Presidente della Camera: “La Boldrini denuncerà chi la insulterà sulla rete. Si potrà farlo solo per strada“.
Non solo. Si è giunti sino ad approfittare del terribile attentato terroristico che ha colpito Barcellona.
Il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, a poco più di un’ora dall’attentato del 17 agosto, con un tweet, ha attaccato la Presidente (“Barcellona, chiunque sia stato è una fottutissima belva. E che la Boldrini e i suoi amici mi denuncino pure per offesa via web”, cercando di superare l’insuperabile “Bastardi islamici”, titolo di copertina di Libero, dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015). Più o meno contemporaneamente al tweet di Sallusti, dalla redazione del quotidiano fondato da Indro Montanelli, Paolo Giordano ha chiesto a gran voce la presenza di Laura Boldrini sulla Rambla, luogo della strage. Persino Nicolai Lilin, scrittore russo naturalizzato italiano e autore del libro “L’educazione siberiana”, ha dato il suo contributo su Twitter: “Un altro nostro concittadino massacrato dai terroristi islamici, amici della Boldrini e sostenuti dalla sinistra italiana“. E poi un susseguirsi di pesanti accuse alla Presidente rea di essere “amica dei terroristi islamici”.
Trascorsi pochi giorni, basta leggere i titoli dei principali giornali di destra, da Il Giornale a Il Tempo, per farsi un’idea. La vicenda del duplice stupro di Rimini svela quanto sia caduto in basso il dibattito politico in Italia. E ai commenti choc del web, si aggiungono quelli dei politici e dei deputati della Repubblica Italiana, e ovviamente quelli della stampa.
«Boldrini clandestina. Accusa la polizia violenta, ma tace sugli stupratori nordafricani. Poi insulta chi la critica. E a Rimini il branco è ancora libero» ha scritto ieri il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti che, tra l’altro, in prima pagina, riporta un editoriale che elogia Giorgia Meloni per essersi schierata accanto alle vittime dello stupro (attraverso Facebook, Meloni ha scritto: “Lo chiedo da donna, da madre e da cittadina: veramente Laura Boldrini, la donna che ricopre il più alto incarico della Repubblica italiana, non ha nulla da dire sui gravissimi stupri di Rimini commessi da un branco di vermi magrebini? Veramente in nome della difesa ideologica dell’immigrazione di massa è disposta ad accettare la violenza sessuale come un “male necessario” del multiculturalismo?”) e condanna Laura Boldrini per il suo silenzio iniziale e per la sua «reazione tardiva». «Cara Presidente Boldrini, adesso ti racconto il mio stupro» è invece l’apertura che sceglie Il Tempo, riportando una lettera di una vittima di violenza sessuale. La donna è stata sequestrata per una notte intera da due persone rom che hanno abusato di lei. La vicenda, che risale a circa un anno fa, è stata messa in evidenza dai giornali perché il padre della donna ha diffuso dei volantini nel quartiere romano di residenza, per denunciare quanto accaduto alla figlia.
Fatto ancora più grave, la violenza sessuale è stata invocata contro la stessa Presidente anche da esponenti politici, come il responsabile di Noi con Salvini di San Giovanni Rotondo, Saverio Siorini, su Facebook: “Quando succederà alla Boldrini e alle donne del PD?“.
La verità è che stiamo assistendo pressoché inermi ad una escalation di violenza verbale nei confronti delle donne e dei cittadini stranieri, attraverso il canale dei social media e attraverso la carta stampata, al punto che non si può più non rispondere innanzi alla gravità di tali affermazioni propagandate attraverso il web, che vanno dall’incitamento all’odio al razzismo e sessismo più ripugnante. E questo vale anche per gli insulti alla Presidente della Camera.
Ma perché si attacca Laura Boldrini? Tenta una spiegazione Bia Sarasini sul Manifesto: «Sessismo violento, cieco, impastato di razzismo, che attacca la donna importante, proprio in quanto donna. La vuole ricondurre all’ordine, sottoporla al dominio dei maschi a cui si sottrae. Il web, è ovvio, rende tutto più evidente e insopportabile, a mio parere esaspera ma non è la causa. Il punto è che questi sentimenti – mi sembra eccessivo chiamarli pensieri – esistono. È necessario guardarli, stabilire un limite. Per questo sono grata a Laura Boldrini, al coraggio delle sue denunce, #iostoconLaura».
La Presidente della Camera resta fiduciosa e guarda avanti: «Credo che educare le nuove generazioni a un uso responsabile e consapevole della Rete sia una necessità impellente (…) Ai nostri figli dobbiamo dimostrare che in uno Stato di diritto chiunque venga aggredito può difendersi attraverso le leggi». Ce lo auguriamo tutti.