L’apertura di corridoi umanitari è richiesta da tempo da parte di molte organizzazioni umanitarie. Ma cosa sono e come hanno funzionato le sperimentazioni condotte sino ad oggi? Le informazioni disponibili non sono molte, ma oggi possiamo avere un quadro più preciso grazie a “Oltre il mare”, il primo Rapporto sui corridoi umanitari in Italia e altre vie legali e sicure di accesso, presentato a Milano da Caritas italiana e Caritas Ambrosiana il 5 aprile scorso.
I protocolli d’intesa varati in Italia
Era il 15 dicembre 2015 quando per la prima volta su iniziativa della Federazione delle Chiese Evangeliche, della Tavola valdese e della Comunità di S.Egidio fu sottoscritto, il primo Protocollo tecnico per l’Apertura di corridoi umanitari” con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il Ministero dell’Interno. Obiettivo: favorire l’arrivo in Italia in modo legale ed in condizioni di sicurezza di potenziali destinatari dello status di rifugiato e di persone che manifestano una comprovata condizione di vulnerabilità determinata dalla situazione personale, dall’età e dalle condizioni di salute e quasi tutti riconosciuti, rifugiati dall’UNHCR. Nella sua complessiva articolazione, il progetto ha coinvolto 1.000 persone, prevalentemente di nazionalità siriana, trasferite in Italia dal Libano nel biennio 2016 – 2017.
Il Protocollo è stato rinnovato il 7 novembre 2017 con l’obiettivo di trasferire in Italia 1000 persone dal Libano e dal Marocco nel biennio 2018/2019. Infine il 12 gennaio 2017 un altro protocollo di intesa, è stato firmato dalla Conferenza Episcopale Italiana, la Comunità di S.Egidio e i due ministeri competenti per trasferire in Italia altre 500 persone bisognose di protezione internazionale dall’Etiopia.
Perché sono stati proposti?
La migrazione si è storicamente configurata come un fenomeno che non è possibile arrestare. Stando a quanto riportato dall’UNHCR stiamo attualmente vivendo la peggiore crisi di rifugiati mai vissuta, con 68,5 milioni di persone in tutto il mondo costrette a fuggire dal proprio Paese.
Gli studi disponibili sulla crescita delle migrazioni portano a stimare per il 2050, se l’andamento rimanesse così sostenuto, 405 milioni di migranti a livello globale.
Ciononostante, nella maggior parte dei paesi europei la legislazione in materia è generalmente influenzata più da esigenze di politica interna che dalla volontà di tutelare i movimenti migratori; questo tipo di approccio ha portato a politiche migratorie sempre più stringenti, che scelgono come priorità il controllo dei confini e tendono a limitare sempre di più le possibilità di ingresso legale.
L’effetto di queste misure non è stato però quello sperato dagli stati che le hanno promosse, il calo dei flussi migratori, ma l’aumento delle migrazioni non autorizzate, che a loro volta – in un paradossale circolo vizioso – hanno generato scelte politiche ancora più restrittive.
Per questo in vari paesi sono stati sperimentati, per lo più sotto la spinta della società civile, progetti alternativi che consentirebbero, se fossero adottati dagli Stati in modo strutturale, di garantire viaggi sicuri alle migliaia di persone che cercano protezione, di evitare inutili sofferenze e di ridurre di molto il numero delle persone che muoiono nel Mediterraneo.
Il rapporto illustra le alternative disponibili per garantire, e possibilmente implementare, l’apertura di canali d’ingresso sicuri e legali per le persone che cercano protezione: sia nell’ambito dell’Unione Europea – con i programmi di reinsediamento, ricollocazione e ammissione umanitaria, che si uniscono alla possibilità di ottenere il visto umanitario – sia per quanto riguarda i programmi varati a livello nazionale. Alcuni esempi, attivati in tutto il mondo, di sistemi di accoglienza portati avanti con la partecipazione delle comunità, mostrano come queste vie alternative abbiano portato dei risultati positivi in termini di inserimento sociale dei rifugiati.
Come funzionano i corridoi umanitari?
I corridoi umanitari fanno parte di progetti nati grazie a sponsorizzazioni private che, insieme ai programmi di resettlement, propongono un programma strutturato capace di garantire la sicurezza dei migranti, evitare le morti in mare e cercare di combattere la tratta di esseri umani per mano dei trafficanti.
Attraverso una prima selezione sul campo realizzata dagli operatori dell’UNHCR, sono individuati i potenziali beneficiari tra le persone che “manifestano una comprovata condizione di vulnerabilità, determinata dalla situazione personale, dall’età e dalle condizioni di salute”.
La lista dei nomi delle persone selezionate viene inoltrata al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, che effettua i controlli di sicurezza. Se l’esito è positivo, le Ambasciate e i Consolati presenti nel Paese terzo in cui si trovano i richiedenti, rilasciano i visti d’ingresso.
Una volta arrivati in Italia, i beneficiari sono accolti in strutture precedentemente individuate dalle associazioni proponenti che garantiscono la copertura finanziaria dell’accoglienza senza oneri per il bilancio dello Stato.
Gli esiti del Protocollo d’intesa firmato nel 2017
Sulla base del protocollo siglato nel 2017 dalla Conferenza Episcopale italiana e dalla Comunità di S.Egidio, il programma dei corridoi umanitari ha consentito l’arrivo in Italia di 497 richiedenti protezione internazionale, tra cui 106 famiglie provenienti dai campi profughi in Etiopia, Giordania e Turchia.
Le famiglie hanno successivamente trovato accoglienza in 47 Caritas diocesane, 17 regioni e 87 comuni.
I corridoi umanitari coinvolgono le diocesi, le famiglie, le comunità locali che possono mettere a disposizione tutto ciò che possa garantire ai rifugiati una vita degna: vitto, alloggio, corsi di lingua, accesso all’educazione scolastica, assistenza sanitaria, psicologica, legale e amministrativa più un percorso di inserimento lavorativo. Il contributo di volontari, operatori e famiglie tutor fa in modo che l’esperienza venga condivisa a livello comunitario, cosa che ha dimostrato di facilitare il processo di inserimento nel contesto sociale, contribuendo anche alla sostenibilità economica dell’intero progetto. Il percorso di accoglienza – che è sempre temporaneo e volto alla realizzazione della piena indipendenza dei beneficiari – si concluderà a gennaio 2020, ma il rapporto presenta un primo bilancio: secondo una stima parziale, il 97% delle persone coinvolte nel progetto ha ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato mentre il 3% il riconoscimento della protezione sussidiaria; tutti i minori coinvolti frequentano la scuola e 24 adulti hanno già trovato un impiego.
Le persone che hanno potuto accedere ai corridoi umanitari sono state sino ad oggi un numero limitato e la Caritas tra le sue raccomandazioni chiede al Governo italiano di sostenere questa esperienza avviando un percorso strutturato che definisca chiaramente ruoli e responsabilità tra lo Stato, le comunità locali, le Agenzie Internazionali e le Organizzazioni Sponsor.
E’ indubbio che nel contesto attuale i corridoi umanitari rappresentano uno dei pochi programmi che riescono a garantire nuove opportunità di protezione a persone che ne hanno un estremo bisogno. Supportare una migrazione legale è l’unico vero modo per fermare le morti nel Mediterraneo e il traffico delle persone.
Eleonora Cerniglia