Numeri: disumani, terrificanti, terribili. Proprio per questo, da diffondere: sono i dati dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) relativi ai flussi migratori verso l’Europa, nello specifico agli arrivi via mare. E alle persone che non sono mai arrivate.
I primi, gli arrivi – i bambini, le donne e gli uomini che sono sbarcati sulle coste europee- sono 163.979, per il periodo che va dall’1 gennaio 2017 al 26 novembre. Negli stessi mesi, nel mar Mediterraneo hanno perso la vita 3.033 persone. Quasi dieci persone morte al giorno, come sottolineato dall’Oim. Entrambi i dati sono in calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando gli arrivi erano stati 348.591 e i morti 4.757.
Ci sono tanti modi diversi di leggere i dati, e la dimostrazione pratica ci arriva da alcune dichiarazioni. Da una parte, il direttore generale dell’Oim William Lacy Swing ha ricordato che alle morti accertate vanno sommate le testimonianze sul mercato degli schiavi in Libia, sulle attività dei contrabbandieri e sulle difficili condizioni dei centri di detenzione libici: “Dobbiamo porre fine a queste pratiche e gestire la migrazione in modo sicuro e regolare per tutti”, ha affermato, in una lettura attenta dei numeri che non tralascia però di ricordare, attraverso l’emersione di alcune situazioni, come si sia ben lontani da una risoluzione dei problemi e delle violazioni affrontate e subite dalle persone che provano a raggiungere l’Europa. Dall’altra parte, il premier italiano Paolo Gentiloni ha invece espresso da Abidjan, dove si trova in occasione del vertice tra Unione europa e Unione africana, soddisfazione per la riduzione degli arrivi, rivendicando il ruolo dell’Italia: “Tra luglio e novembre, nel 2017 rispetto al 2016 siamo passati da 102.786 a 33.288 arrivi. Un crollo frutto di diverse operazioni: rafforzamento della guardia costiera libica, nuovi accordi con le Ong, sostegno e investimenti alle comunità locali”. Così Gentiloni, in una visione eurocentrica – se non addirittura italocentrica – che non tiene in considerazione le violenze subite dai e dalle migranti, spesso compiute proprio dalla guardia costiera libica come dimostrano diverse testimonianze, né tutto quello che c’è prima dei viaggi via mare – torture e violenze nei vari territori attraversati dalle persone, in Libia in particolare.
A proposito di questo, una frase in particolare tradisce l’ipocrisia del governo italiano: “L’attività italiana ha acceso i riflettori sulle condizioni assolutamente orribili e inaccettabili in cui da qualche anno versano i rifugiati o i migranti in Libia”. Una frase che legittima una domanda: perchè se da anni si conoscono le terribili condizioni in cui sono costrette a sopravvivere le persone in Libia, l’Italia e l’Europa hanno deciso di stringere con il paese nordafricano – o meglio con il govero di Tripoli, visto che il paese è completamente destrutturato – un accordo, che fornisce alla Libia soldi in cambio del trattenimento dei migranti e dell’esternalizzazione dei controlli? La risposta arriva dallo stesso premier: “L’obiettivo dell’azione italiana è ridurre i flussi, mettere in crisi il modello di business dei trafficanti, mettere una parola fine sulle atrocità che abbiamo visto in questi mesi”. Ancora una volta viene riproposto il mantra della lotta ai trafficanti e del blocco dei flussi. Ancora una volta, occorre sottolineare che il traffico degli esseri umani si combatte rendendo legali e sicuri i viaggi delle persone. Come del resto ribadito dal direttore dell’Oim. A quando una presa di responsabilità reale, e non retorica?