Centri detentivi, piuttosto che strutture per l’identificazione e la registrazione: è quanto emerge dalle visite agli hotspot portata avanti dall’ufficio ONU per i diritti umani nell’ambito di una missione di monitoraggio in Italia, dal 27 al 1 luglio. Una missione che ha portato alla luce diverse criticità all’interno delle quattro strutture presenti nel sud Italia, che ora vengono denunciare in una nota. Tempi di permanenza più lunghi delle 48 ore dichiarate, promiscuità, e soprattutto la pericolosa mancanza di un chiaro quadro di riferimento normativo: quest’ultimo aspetto in particolare da spazio a un’ampia, e rischiosa, discrezionalità nella gestione. “L’Italia non è al momento in grado di garantire uguali standard per la protezione dei diritti umani all’interno del sistema di accoglienza dei migranti. Ciò è dovuto a una combinazione di fattori, tra cui le politiche migratorie imposte dall’Unione Europea, e la scelte del governo italiano di basare il sistema di accoglienza su servizi privi di regole chiare e omogenee”, ha affermato Pia Oberoi dell’Ufficio per i diritti umani, sollecitando la possibilità per la società civile di accedere agli hotspot. “Sappiamo che l’Italia sta provando a migliorare la situazione”, hanno affermato i membri della delegazione, ricordando che “più di 90.000 persone sono arrivate via mare quest’anno, e che i posti nel sistema di accoglienza sono stati ampliati”; ma non è sufficiente. L’OHCHR denuncia infatti come il sistema di appalti su cui si basa la gestione dei centri possa dare vita – come già mostrato con l’inchiesta Mafia Capitale – a differenti modalità di amministrazione dei fondi rilasciati dal governo. E’ proprio la natura del sistema, dunque, a sollecitare il monitoraggio della società civile. Una richiesta che Lunaria, insieme a tante altre realtà e, in particolare, nell’ambito della campagna LasciateCIEntrare, promuove con forza.