Lo abbiamo detto molte volte: i Cie sono strutture disumane, in cui i diritti umani vengono costantemente violati. All’interno dei Cie vengono detenute persone la cui unica ‘colpa’ è non avere un documento di soggiorno in regola. Da anni ci battiamo per la chiusura di questi luoghi, vero vulnus democratico nel nostro paese. Oggi, potrebbe esserci il serio pericolo che queste strutture non solo non vengano chiuse, ma che anzi vengano addirittura ripristinate quelle non più utilizzate. Lo segnala la Campagna LasciateCIEntrare, in un comunicato che pubblichiamo di seguito, e a cui ci associamo con forza.
Non riaprite quelle gabbie
Roma 16 gennaio 2015
La notizia circola già da fine settembre, fra le righe di un documento del Ministero dell’Interno definito “Road Map”. Nella strategia proposta per affrontare i problemi derivanti dall’arrivo di richiedenti asilo, molti dei quali non saranno messi in condizione di esercitare il proprio diritto e verranno considerati “migranti economici irregolari”, si definisce l’ipotesi di riaprire CIE oggi chiusi.
Secondo nuove fonti giornalistiche il primo dei centri, oggi funzionante per accogliere profughi, dovrebbe essere quello di Via Corelli, nella periferia di Milano.
Come centro di accoglienza, gestito da Gepsa, la società francese specializzata nel lavoro nelle carceri che oggi opera anche nel CIE romano di Ponte Galeria, ha accolto finora migliaia di persone che si trattenevano pochi giorni, il tempo necessario per spostarsi verso il nord Europa. Si trattava soprattutto di cittadini siriani ed eritrei. Ma l’Italia sta divenendo sempre più il punto di snodo per i rimpatri, nel 2015 circa 16 mila cittadini considerati non aventi diritto a restare in Italia, sono stati rimandati nel proprio paese e la politica degli hotspot che servirà a separare chi potrebbe aver diritto a protezione a chi non è considerato, in base alla provenienza, degno di restare, aumenterà il numero dei rimpatri forzati.
I CIE serviranno anche a questo, a rimandare indietro, in paesi considerati “sicuri” come la Nigeria, il Pakistan, forse l’Afghanistan, coloro la cui richiesta dovrebbe invece essere vagliata, secondo le convenzioni internazionali, in base alla situazione individuale. Per costoro invece, nel caso assai frequente che dovessero essere colpiti da decreto di respingimento prima di poter manifestare la volonta’ di chiedere asilo, si preparano lunghi periodi di internamento, in attesa delle risposte delle commissioni.
Il CIE di Milano, come tutte le strutture simili in Europa, ha alle spalle una storia di sangue, di violenza, di sopraffazione e di costante privazione della dignita’ e della liberta’, diritti inviolabili di ogni essere umano.
La sua chiusura ha segnato un piccolo passo in avanti nella civiltà e nella dignità di Milano. Nella città si avvicina una importante tornata elettorale. Ci assumiamo la responsabilità di affermare che non considereremo interlocutori, coloro che appoggeranno tale decisione, che va in direzione contraria della garanzia e della difesa dei diritti umani
Il CIE di Via Corelli non deve riaprire e i centri ancora operanti vanno chiusi. Nel documento del Ministero si accenna anche alla riapertura del CIE di Gradisca D’Isonzo, quelli di Crotone e Brindisi sono stati già parzialmente riaperti. LasciateCIEntrare si batterà per impedire che ognuna di queste strutture ricominci a funzionare come luogo di detenzione di esseri umani