La madre che scrive il messaggio che pubblichiamo di seguito ci aveva contattato alcune settimane fa, per chiederci di intervenire in un incontro pubblico nel suo territorio, quello di un piccolo comune del Lazio.
Era infatti successo che il suo bambino fosse definito “negretto” da una delle maestre.
L’incontro non si è fatto, ma, soprattutto due madri hanno dovuto scegliere di trasferire i loro figli in un’altra scuola a metà anno scolastico. Trattandosi di un piccolo comune, in accordo con chi scrive, abbiamo deciso di mantenere l’anonimato del messaggio: per proteggere i due bimbi e le loro famiglie da ulteriori offese.
Ai bimbi e alle loro madri l’augurio che la nuova scuola sia libera dal razzismo.
Anno Domini 2018.
Accade in una scuola della provincia reatina che due famiglie decidano di spostare i loro figli a metà del loro corso di studi della scuola primaria.
Ma non accade a caso. Queste due famiglie hanno una cosa in comune: i figli in questione hanno la pelle ambrata, uno africano e l’altro italo-africano e, in qualità di alunni sono stati nominati “i negretti “. Questo termine è stato minimizzato e definito addirittura “affettuoso” da parte dell’insegnante di italiano che l’ha pronunciato, quando una delle due madri, in risposta a quanto udito, ha presentato alla scuola un progetto sull’antirazzismo, proponendo tra l’altro la presentazione del “Libro bianco sul razzismo in Italia”.
Accade, ma non accade, a caso che la proposta presentata alla scuola non sia mai stata neppure presa in considerazione.
Accade ma non a caso che a raccontare questa storia sia solo una di queste madri, quella bianca, quella italiana, quella che non è abituata a queste discriminazioni. Forse perché questa madre sa che la voce di una “nera” non viene ascoltata, come non lo è stata la sua in difesa di suo figlio afroitaliano.
Allora se da un lato nella scelta di queste famiglie c’è una piccola sconfitta, un passo indietro, per proteggere i propri figli.
Dall’altro c’è una determinazione ancora più salda nel denunciare una condotta gravissima e lesiva dell’ideale stesso dell’educazione e della didattica.
Perché una scuola che dimostra indifferenza e discriminazione è una scuola che non solo non sta svolgendo a pieno il suo compito, ma che si rende rea di distruggerne la sua stessa funzione. Se la scuola abdica al suo ruolo promotore di una cultura senza barriere e di una cultura inclusiva, allora questa scuola è sterile e dannosa e dunque è, non solo necessario, ma doveroso lasciarla e andare altrove.