Se un cittadino straniero ha bisogno di cure, noi lo curiamo. Perchè è giusto. Non perche siamo buoni. Questo è lo slogan che campeggia sul sito internet del Naga, associazione di volontariato laica e apartitica, nata a Milano nel 1987 con lo scopo di promuovere e difendere i diritti. In particolare quelli delle persone alle quali vengono negati: è il caso di molti uomini e donne che vivono in Italia da invisibili, perchè privi di permesso di soggiorno. La mancanza di questo documento – mancanza che può derivare da moltissime motivazioni: ad esempio la perdita del lavoro, o le lungaggini burocratiche.. – rende molto complessa la fruizione di diversi servizi, anche laddove dovrebbero garantire dei diritti. E’ il caso, ad esempio, del diritto alla salute: in teoria un diritto uguale per tutti, in pratica un buco nero per molti che, privi di informazioni, sostegno e tutele, di fronte a un sistema nazionale spesso carente e farraginoso non riescono ad accedere alle cure.
Il Naga si pone proprio in questa contraddizione: quella creata da uno stato che sancisce dei diritti universali, ma nei fatti non li garantisce a tutti. “Ogni anno a Milano e nei paesi limitrofi centinaia di pazienti stranieri irregolari affetti da patologie anche gravi non ricevono assistenza sanitaria adeguata a causa della mancata ottemperanza alla normativa vigente, in particolare al Testo Unico Immigrazione”, scriveva il Naga nel dossier Curare non è permesso, nel 2015. Dal 9 gennaio 2014 al 25 febbraio 2015 l’associazione ha raccolto 155 casi di persone che sono state ricoverate negli ospedali milanesi e dei paesi limitrofi, o che hanno avuto accesso ai Pronto Soccorso, e non sono state assistite secondo quanto previsto dalla legislazione vigente. L’indagine ha rappresentato solo un piccolo campione, un frammento della situazione, ricavato basandosi sulle persone che in quel periodo si sono presentate all’ambulatorio del Naga proprio perchè non accolti dal Sistema Sanitario Nazionale.
Da un paio di giorni, l’associazione è sotto attacco. I discorsi d’odio – il cosiddetto hate speech – ha colpito la pagina facebook del Naga e tutte le persone che volontariamente – evidenziamo, volontariamente – prestano le proprie competenze e il proprio tempo, andando di fatto a sopperire a ciò che lo stato dovrebbe fare ma non fa.
“Non operiamo in sostituzione del servizio pubblico, cerchiamo solo di coprirne le mancanze – spiegano i membri dell’associazione – e saremmo ben lieti di non dover erogare alcun servizio: ci poniamo come obiettivo di estinguerci nel caso in cui il welfare pubblico garantisca a tutti il pieno accesso alla salute”.
La situazione italiana attuale, al contrario, vede una continua destrutturazione del welfare: “I diritti primari di tutti sono sotto attacco e in via di erosione, senza distinzione tra italiani e stranieri con o senza permesso di soggiorno”, denunciano i volontari del Naga. A chi li minaccia o insulta chiamandoli “razzisti al contrario”, accusandoli di aiutare “solo gli stranieri”, rispondono: “Ci piacerebbe moltissimo non occuparci di cittadini stranieri, ci piacerebbe non ce ne fosse bisogno. Oggi, invece, la nostra azione è quanto mai necessaria”. Con una nota importante: “Rifiutiamo la contrapposizione tra un presunto ‘noi’ e un ancor più presunto ‘loro’; continuiamo infatti a credere che i diritti o sono di tutti o degradano a privilegi”.
Lunaria sta dalla parte del Naga. Crediamo nel rispetto, nella solidarietà, nei diritti. Stiamo dalla parte di chi si dedica a costruire una società giusta. Siamo solidali con chi lotta contro una società che esclude, che crea marginalità, che mette esseri umani contro esseri umani. Le aggressioni on line scagliate contro il Naga attraverso i social network sono un prodotto di questo sistema di esclusione e di impoverimento sociale. Il lavoro del Naga è uno degli antidoti migliori.