Ieri a Roma un uomo è morto. Si chiamava Niang Maguette e aveva 54 anni. Era originario del Senegal. In Italia da trent’anni, lavorava come venditore ambulante. E’ morto sul marciapiede di via Beatrice Cenci, all’ingresso del Ghetto ebraico. Dove è morto, ora c’è una macchia di sangue.
Ha perso la vita per cause ancora da chiarire, durante un’operazione della polizia municipale contro il commercio abusivo, condotta nella zona intorno all’antico Ponte Fabricio.
La dinamica della morte ancora non si conosce, e circolano versioni contrastanti. Un ragazzo appartenente alla comunità senegalese, intervistato ieri sera dal collettivo Degage (qui il video della testimonianza), ha dato la sua testimonianza, secondo cui le operazioni della polizia sarebbero iniziate già alle 11.00 di mattina: due macchine della polizia municipale, in borghese, si sarebbero avvicinate al gruppo di venditori, che sarebbero fuggiti, tornando sul posto dopo una mezz’ora e trovando il corpo del connazionale a terra.
“Quando è arrivata l’ambulanza, era già morto. Fino a quando è arrivata l’ambulanza nessuno ha coperto il corpo, nessuno è arrivato: come una banalità”. Come una banalità, afferma il giovane, denunciando che all’arrivo di amici e connazionali le forze dell’ordine hanno impedito loro di stare insieme. “Ci hanno dato 15 minuti per disperderci, sennò ci portavano via. Questo mi ha colpito molto; quando c’è un dolore, ci deve essere il tempo di abbracciarsi, di parlare, così il dolore un po’ va via. Non ci hanno lasciato nemmeno questo tempo”. Parla di disumanità, il giovane intervistato: perché “quando vedi un corpo e nessuno fa niente, c’è un corpo per terra e la polizia dice che non succede niente, e ride.. è una bruttissima cosa. La banalità della morte degli immigrati è diventata veramente una vergogna”.
Secondo la testimonianza del giovane, il barman dell’esercizio di fronte al luogo dove è avvenuta la tragedia avrebbe detto che l’uomo, corso fino a là, sarebbe stato raggiunto dal calcio di alcuni vigili, che l’avrebbe fatto cadere a terra. La polizia sarebbe poi andata via prendendo la merce dell’uomo, senza prestare alcun soccorso.
Altre persone che avrebbero assistito alla scena sostengono che l’uomo è stato inseguito da una moto della municipale – i cosiddetti Falchi, da qualche tempo impegnati a Roma nelle operazioni antiabusivismo – che forse l’avrebbe investito facendogli sbattere la testa. Altri ancora dicono che l’uomo si sarebbe accasciato a terra, da solo, per un malore (qui il video della testimonanza).
La dinamica dei fatti andrà accertata. Il sostituto procuratore Francesco Paolo Marinaro ha aperto un fascicolo d’inchiesta per omicidio colposo, in attesa delle informative della municipale e dei risultati dell’autopsia disposta sul corpo.
Sta di fatto che dove Nian Maguette è morto ora c’è una macchia di sangue. Sta di fatto che l’uomo è morto durante o a seguito di una retata dei vigili urbani. Sta di fatto che un cadavere è stato lasciato a terra, senza alcun soccorso, per ore. Sta di fatto che ai suoi amici, scioccati e addolorati, accorsi sul posto, non è stato detto nulla se non di allontanarsi, e alla loro reazione di rabbia e sconcerto le forze dell’ordine hanno risposto con le manganellate. Tanti dati di fatto che non possono e non devono essere ignorati, di fronte alla morte di un uomo.
La polizia municipale smentisce, per bocca del vice comandante Antonio Di Maggio, “alcun coinvolgimento diretto tra l’operazione antiabusivismo e il decesso del cittadino senegalese”, e intanto plaude al proprio blitz, con un post su Facebook che parla di “sei sequestri amministrativi”, conseguenza della “vendita di borse e portafogli effettuata su lenzuola distese in terra che, oltre a rappresentare un illecito per assenza di titoli autorizzativi, risultava dannosa anche dal punto di vista del decoro urbano”. Nel post, decoro urbano diventa persino un hashtag, che precede la foto della merce sequestrata.
Quanto avvenuto ieri a Roma segue l’operazione del giorno prima alla stazione centrale di Milano, che è stata circondata da mezzi della polizia, elicotteri e guardie a cavallo: un blitz concordato tra il prefetto Lamorgese e il questore Cardona, un “servizio straordinario di prevenzione e controllo della polizia di Stato”, come è stato ufficialmente definito, teso all’identificazione dei migranti presenti. Un’operazione – che di fatto che si è configurata come un vero e proprio racial profiling, in cui le forze dell’ordine hanno controllato solo persone evidentemente non europee- su cui il sindaco di Milano Beppe Sala ha espresso perplessità, specificando che “siamo stati avvisati all’ultimo momento, parlerò con il questore”.
Entrambe le operazioni si inseriscono nel solco del decreto Minniti-Orlando, che in una pericolosa stretta securitaria punta al “decoro” e all’ ”ordine”, dimenticandosi volontariamente dei diritti e delle necessarie politiche sociali.
Se il decoro è più importante del rispetto della vita e dei diritti, c’è da averne paura.
La comunità senegalese ha indetto per oggi, giovedì 4, un’assemblea pubblica alle ore 18.00, in via Campobasso (Pigneto), dove viveva la vittima, che lascia tre figli. Per domani è prevista una manifestazione in piazza Venezia alle ore 16.00.