Di certo non è una novità. Anzi. E’ il leitmotiv di ogni estate, oramai da anni. Classi “ponte” o classi “ghetto” che le si voglia chiamare, ogni anno, alla formazione degli organici scolastici, tornano a preoccupare come un incubo costante. Ecco che il sindaco di Monfalcone, in provincia di Gorizia, la leghista Annamaria Cisint, con un provvedimento di questi giorni, in accordo con i dirigenti scolastici di due istituti, stabilisce un “tetto” massimo negli asili del territorio (riecheggiando la nota del Ministro Maria Stella Gelmini per l’anno scolastico 2010-2011), allo scopo di “regolarizzare la presenza di figli di stranieri”. Il numero massimo di bambini stranieri in una classe, secondo il sindaco, non può superare il 45% degli iscritti. Il tutto in nome e contro la costituzione di “classi ghetto”. Ma il risultato finale è che, a settembre, ben 60 bambini stranieri (guarda caso quasi tutti con cognomi bengalesi, ndr) non potranno iscriversi alla scuola dell’infanzia. Non a Monfalcone, in ogni caso. Questo provvedimento partirà nei due istituti comprensivi (l’Ezio Giacich e il Randaccio), i quali hanno già in previsione di fare lo stesso anche per la scuola primaria e poi anche per le scuole medie.
La Flc Cgil contesta tale scelta, annunciando “un esposto in Procura, al Garante dei Minori e all’Ufficio per la tutela dei minori a livello nazionale”. “Lo Stato ha il dovere di garantire eguali diritti ed una corretta formazione per quanto riguarda l’istruzione, a tutti. Anche ai figli degli stranieri che vivono regolarmente in Italia”, afferma Adriano Zotta, segretario regionale. “Un sindaco non può creare vincoli e paletti per ostacolare questo principio”.
Secondo quanto si apprende, il sindaco Cisint ha spiegato che l’accordo prevede anche l’impiego di nuovi scuolabus per accompagnare i bimbi “esclusi” da Monfalcone nelle scuole dei comuni limitrofi. Plauso del Ministro dell’Interno che, con un tweet, commenta favorevolmente il “no” del sindaco di Monfalcone alla “concentrazione” di bambini stranieri nelle due scuole.
Il fenomeno delle scuole ad “alta concentrazione” di alunni di origine straniera é particolarmente complesso e delicato poiché concorrono alla sua formazione una pluralità di fattori. A tale proposito, ricordiamo esempi importanti (dei quali anche noi abbiamo parlato ampiamente in passato), come il caso di Pratola Peligna nel 2014, o della Scuola Besta a Bologna nel 2013, e quello della Scuola in via Paravia di Milano nel 2011). La costituzione di classi “separate” di bambini stranieri, qualsiasi sia la motivazione alla base, rappresenta una scelta che può avere delle gravi ripercussioni sui futuri nuovi italiani, poiché non solo riproduce la separazione e segregazione sociale, ma contribuisce anche al rafforzamento degli stereotipi e alimenta gli allarmi che agitano la “paura d’invasione” (conseguenza dovuta al “concentramento”).
Sebbene, infatti, da un lato sia inequivocabile la necessità di evitare la formazione di classi costituite solo da alunni stranieri, dall’altro è sbagliato considerare il bambino straniero come un problema o come fonte di rallentamento per le classi stesse. I diritti dei minori dovrebbero essere garantiti per tutti a prescindere dalla loro nazionalità o dalla loro provenienza.