Da Torino a Milano, nel dicembre 2016, cominciava a prendere forma l’opposizione di operatori, associazioni e cittadini di fronte alla mole di dinieghi e doppi dinieghi che stavano (e stanno a tutt’oggi, ndr) gettando nella cosiddetta “clandestinità” decine di migliaia di richiedenti asilo. E ciò anche in barba a un percorso di inserimento sociale o addirittura ad un contratto di lavoro stabile. Ad un anno di distanza dall’avvio del percorso di SenzaAsilo, si è di fronte ad un momento di grande difficoltà. Il coordinamento delle rete aveva, nei mesi addietro (noi ne avevamo parlato qui), approvato un documento e diffuso un appello, anche con l’appoggio di un gruppo di datori di lavoro, cominciando a raccogliere casi di persone con “doppio diniego”, ma con la concreta possibilità di un impiego regolare. L’8 marzo 2017, si era tenuto un incontro con il Prefetto di Torino, al quale aveva fatto seguito una collaborazione con Prefettura e Questura.
Il terreno d’incontro (il “modello” che ha fatto scuola) era stato trovato nella formula giuridica della domanda di protezione “reiterata” (ovvero una nuova compilazione di un modello C3, ai fini di un “riesame” e alla luce della situazione attuale del richiedente). Altre città piemontesi e non, si sono poi mosse nel solco tracciato dal prefetto Saccone, che nel frattempo aveva incassato anche l’apprezzamento del ministro Minniti. Si è trattato di una soluzione davvero efficace, di buon senso, immediatamente realizzabile, frutto di un lavoro portato avanti lontano dai riflettori e senza urla. Una proposta, di fatto, replicabile, e con una serie di effetti positivi diffusi.
Ma, nonostante l’appoggio del Prefetto, da fine agosto, la Questura ha, di fatto, bloccato la possibilità di accedere alla cosiddetta “reiterata”, smettendo di accogliere le domande d’asilo da chi ha già ottenuto risposta negativa. Così la rete SenzaAsilo, ha scritto una lettera al questore Sanna domandando spiegazioni: «Le nostre richieste di appuntamenti – si legge – non hanno avuto risposta e non capiamo quali siano le motivazioni di tale silenzio». Ma dalla Questura non è arrivata alcuna spiegazione. «È un atteggiamento sconfortante che produce disparità» dice Lorenzo Trucco, avvocato e presidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, sulle colonne de La Stampa che ha pubblicato oggi un articolo di sensibilizzazione al problema. E aggiunge: «Anche perché ormai in vari tribunali italiani viene concesso il permesso umanitario per motivi d’integrazione».
La Questura, quindi, sta andando apertamente controcorrente: di fatto, pur essendo dinnanzi agli ottimi risultati ottenuti, viene negata sia la possibilità concreta di regolarizzazione di cittadini stranieri, altrimenti “invisibili”, sia l’avvio di buone pratiche d’inclusione sociale.
Il risultato è che alcuni migranti hanno già ricevuto il decreto di espulsione. “Una beffa tripla”, scrive La Stampa, “per i profughi, che da un giorno all’altro vedono sfumare la possibilità di costruirsi un futuro in Italia; per le imprese che, dopo aver investito nella formazione di queste persone, si ritrovano a doverne fare a meno; e, infine, per lo Stato, che trasforma i migranti lavoratori (e quindi contribuenti) in fantasmi”.
La rete SenzaAsilo chiede di attivare con urgenza tutti i territori del Piemonte e non, affinché questa prassi possa trarre forza e sostegno e non si vanifichino i risultati fino ad ora raggiunti, e chiama ad un confronto urgente in merito alle azioni da intraprendere. Per questo s’invitano tutte le realtà aderenti alla rete o interessate al confronto (qui il comunicato), da tutto il territorio nazionale, e che hanno intrapreso azioni simili, alla giornata di dibattito che avrà luogo venerdì 15 dicembre (qui il flyer dell’evento) dalle ore 14,30 presso il Sermig – Salone della Pace, Via Borgo Dora 61, Torino.