Salvatore Buzzi, indagato e arrestato nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale, dichiarava al pm Giuseppe Cascini che lo interrogava: “Dottore, se parlo del Cara di Mineo, chiuda il registratore. Altrimenti qui casca il governo” (era il 31 marzo, ndr). La conversazione tra i due è riportata su Il Messaggero di oggi, in un pezzo a firma di Cristiana Mangani, che riporta uno stralcio dell’interrogatorio del giudice: “Finché Buzzi non arriva al Cara di Mineo e accelera, fa dietrofront, riparte in quarta, come se volesse rivelare chissà quale segreto, e non sa se è il caso di farlo. «Dottore – si rivolge a Cascini – devo dire delle cose su Mineo». Vorrebbe un po’ parlare e un po’ no. Alla fine azzarda: «Su Mineo casca il Governo…io potrei, cioè, se possiamo spegnere il registratore glielo dico, se può spegnere un secondo»”. Ma nel frattempo, il magistrato campano Raffaele Cantone, presidente dell’autorità nazionale Anticorruzione, intervistato durante la trasmissione Otto e mezzo, in onda su La7, annuncia di aver notificato «l’apertura del procedimento per l’iter di commissariamento dell’appalto da cento milioni alle cooperative coinvolte nell’inchiesta romana Mafia Capitale per la gestione di alcuni servizi al Cara di Mineo». Della disastrosa situazione del Cara (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo) di Mineo, in Sicilia abbiamo parlato più volte, e non solo di recente (leggi qui).
E’ il “centro di accoglienza per richiedenti asilo” più grande d’Europa, al cui interno attualmente vi sono più di 3000 persone, ben oltre i limiti di capienza. A più riprese, associazioni e privati cittadini ne hanno chiesto a gran voce la chiusura, in nome di un’accoglienza più dignitosa, assicurata con progetti di piccole dimensioni, diffusi sul territorio, secondo uniformi criteri e direttive, previo controllo dei requisiti degli enti di gestione e della formazione del personale. Alla fine del 2014, un documento pubblicato da diverse associazioni (leggi qui), tra cui Asgi e Borderline, torna a denunciare la quotidianità all’interno del Cara, fatta di “gravi e sistematiche violazioni dei diritti fondamentali”. Oggi, il rapporto di Medu lo ricorda ancora una volta (leggi qui e qui).
Il coinvolgimento, poi, nelle indagini di “Mafia Capitale” ha fatto il resto. Di certo, la decisione del commissariamento è in linea con le evidenze prodotte dalla missione nel centro di accoglienza, compiuta dalla neonata Commissione d’inchiesta parlamentare, al termine della quale era risultata evidente la pessima gestione del Cara. «Con i migranti si sono fatti tantissimi affari – riferisce Cantone, durante la trasmissione – con rischi sicuramente minori di quelli che comporta il traffico di droga. Si è sviluppato attorno a questo fenomeno un florido meccanismo d’affari. Il nostro provvedimento verrà inoltrato al prefetto di Catania. Su questo appalto avevamo aperto ben prima di questa seconda fase dell’indagine un tavolo in cui dicevamo che (l’appalto, ndr) era assolutamente illegittimo con requisiti fatti quasi su misura e con la vittoria di un solo concorrente con un ribasso di solo l’un per cento».
Secondo quanto emerso nei giorni scorsi, nel pieno della seconda fase dell’inchiesta romana Mafia Capitale (ne abbiamo parlato qui), tra i nomi inseriti nell’elenco dell’inchiesta del filone affidato alla Procura di Catania ci sono anche i due sindaci di Mineo e di Vizzini, oltre a Giuseppe Castiglione, in passato ex presidente della provincia di Catania e attuale sottosegretario all’Agricoltura. Alla base dell’ipotesi investigativa, contenuta nel decreto di sette pagine, c’è la presunta turbativa d’asta delle gare d’appalto per l’affidamento della gestione del Cara di Mineo.
Certamente (e purtroppo!), il caso del Cara di Mineo rappresenta la punta dell’iceberg di un sistema di corruzione diffusa che non esita ad approfittare della condizione di disperazione dei migranti che sbarcano sulle nostre coste. Ma al di là di atti importanti, immediati e urgenti, come questo, si impone una riflessione di più ampio respiro sul sistema di gestione della cosiddetta “accoglienza” dei migranti, laddove una parte non piccola del Nord Italia (tre regioni importanti come la Liguria, la Lombardia e il Veneto), manifesta il peggio di sé, opponendo il “rifiuto” e la “chiusura”.