Oggi i ministri degli Interni e della Giustizia europei si riuniscono a Bruxelles, in un meeting straordinario organizzato per capire come affrontare la situazione in cui versano moltissime persone che provano a raggiungere l’Europa spinte, per la maggior parte, da guerre e conflitti.
Un momento “senza precedenti”, secondo la nota del Consiglio Ue, che ha indicato alcune azioni da prendere nel medio e lungo termine per affrontare quella che definisce “l’attuale crisi migratoria”. I punti intorno ai quali, stando alla nota, dovrebbe svilupparsi la discussione di questo pomeriggio sono principalmente legati a: politiche di asilo, controllo dei confini, misure di riammissione e rimpatrio, cooperazione internazionale, lotta al traffico di esseri umani, libera circolazione delle persone nell’area Schengen.
Proprio sul trattato del 1985 la Germania è intervenuta ieri, annunciando la sospensione dell’accordo. Il ministro dell’Interno De Maiziere ha comunicato la reintroduzione dei controlli alla frontiera con l’Austria, “controlli provvisori per arrivare a una procedura ordinata di afflusso” dei migranti. Decisione giudicata “legittima” dalla Commissione UE, che ha specificato come “la temporanea reintroduzione dei controlli di frontiera tra Stati membri è una possibilità eccezionale esplicitamente prevista in caso di situazione di crisi”. Una misura che, come evidenziato dall’Unhcr, “sottolinea l’urgenza di stabilire una risposta collettiva dell’Europa” sulla gestione dell’immigrazione. Il blocco è stato già eliminato: i collegamenti ferroviari tra Germania e Austria sono ripresi già questa mattina. Ciononostante permangono rigidi controlli di polizia alle frontiere.
La nota del Consiglio UE prosegue con l’elenco delle principali azioni messe in campo finora dall’Europa, in particolare dopo i tragici naufragi dello scorso aprile, che hanno portato a creare un meccanismo di ricollocamento dei rifugiati in alcuni paesi membri. Ed è sul ricollocamento che insiste la Commissione: nella proposta portata oggi al vertice chiede l’approvazione di quote di distribuzione dei rifugiati più ampie – 120.000 persone da trasferire da Italia, Grecia e Ungheria negli altri stati membri– rispetto ai numeri già previsti (40.000 persone) approvati solo mercoledì scorso. Una misura che la Commissione ipotizza possa essere obbligatoria, pena il pagamento di una sanzione. Ma che ha già ricevuto il no di alcuni paesi, Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia in testa (leggerlo qui).
E mentre l’Europa discute, la gente continua a morire. Sabato la guardia costiera greca ha recuperato i corpi senza vita di 24 persone, mentre proseguono le ricerche di quattro bambini che risultano dispersi al largo dell’isola di Samos. Poche ore dopo, il naufragio di un’imbarcazione con a bordo 112 migranti ha portato alla morte di 34 persone, di cui 15 bambini. In 68 sono stati tratti in salvo dalla guardia costiera turca, mentre 29 hanno raggiunto a nuoto l’isola greca di Farmakonissi. Entrambi i naufragi sono avvenuti nelle acque del Mar Egeo, in uno spazio le cui ridotte dimensioni permetterebbero ai mezzi dell’Unione di svolgere con rapidità almeno le operazioni di search and rescue. Ma non sembra essere questa la priorità: al contrario, l’Unione ha dato oggi il via libera alla “fase 2” della missione navale EuNavForMed -la cui operatività è prevista dai primi di ottobre -che prevede il blocco, il sequestro e l’eventuale distruzione delle barche usate dai presunti scafisti. Un’operazione considerata non solo inutile, ma addirittura dannosa, da associazioni e ong, che hanno espresso più volte il timore che possa mettere ancora più a rischio la vita dei migrati (ad esempio hrw).
Ma l’idea di aprire corridoi umanitari, evitando alle persone viaggi pericolosi e illegali, non è stata ancora messa in agenda.
E’ una delle misure richieste a gran voce dalle tante persone che hanno manifestato venerdì scorso, 11 settembre, nelle maggiori città italiane, le cui strade sono state calpestate da migliaia di uomini e donne (qui alcune immagini dalla manifestazione avvenuta a Roma).
Sopra tutti i messaggi, uno: accoglienza per tutti e tutte. Una giornata che, insieme alle tante manifestazioni di solidarietà che hanno avuto luogo in questi mesi in molte città europee, segna la distanza tra società civile e istituzioni.