Ancora morti nel Mar Mediterraneo. Decine di corpi senza vita sono stati rinvenuti su una spiaggia a ovest di Tripoli, in Libia. Secondo Rami Abdo, dell’Osservatorio euro mediterraneo per i diritti umani (Euro-Mid Observer for Human Rights), si tratterebbe di cittadini palestinesi e siriani: “l’imbarcazione, su cui viaggiavano 256 persone, in prevalenza palestinesi e siriani, sarebbe affondata i primi giorni di ottobre a causa di un guasto, due giorni dopo essere salpata dal porto di Tripoli”, ha spiegato Abdo alle agenzie di stampa libiche. Si tratterebbe quindi delle persone morte nel naufragio del 3 ottobre scorso, quando un’imbarcazione si è rovesciata a circa 10 miglia dalla costa di Zuwarah, città libica al confine con la Tunisia. Una notizia confermata anche dalle autorità locali,che parlano di circa trenta corpi trascinati a riva dalle onde.
È il terzo naufragio che avviene davanti alle coste libiche in pochi giorni. Come riferisce il Cir, il 2 ottobre due barche si sarebbero capovolte, a sole tre miglia di distanza dalla costa tra Garabuli e Tajura. “Sembra che il totale dei passeggeri delle due imbarcazioni fosse di 250 persone, solo 120 sono state salvate dalla guardia costiera libica. 10 i cadaveri trovati, 130 i dispersi”, scriveva il Cir. La dinamica dei naufragi confermerebbe quanto sottolineato dal direttore del Cir Christopher Hein, secondo il quale la situazione in Libia “è tale che i profughi sono più che mai costretti a prendere il mare su imbarcazioni di fortuna che non sono adatte neppure per navigare qualche miglia. Dobbiamo temere che in assenza di urgenti misure anche in territorio libico, il numero di vite perse nel Mar Mediterraneo non andrà a diminuire”.
Le ultime, drammatiche stragi avvenivano proprio mentre si commemorava un altro tragico naufragio, quello avvenuto il 3 ottobre 2013 al largo delle coste di Lampedusa, in cui persero la vita 366 persone. Secondo l’OIM, dall’inizio del 2014 sarebbero 3.072 i migranti morti nel Mar Mediterraneo. Moltissimi fuggono da paesi in guerra: l’apertura di canali umanitari, misura da tempo sollecitata alle autorità europee da associazioni e ong, permetterebbe a queste persone di sfuggire al controllo delle reti criminali di trafficanti, e raggiungere in modo sicuro zone dove poter chiedere protezione internazionale.
Una richiesta che, ad oggi, resta purtroppo inascoltata.