A Lamezia Terme, comune commissariato dal novembre 2017 per infiltrazione mafiosa, Banca Etica ha organizzato la sua assemblea annuale, dedicata quest’anno alle migrazioni. Una scelta simbolica certo non casuale.
81 milioni di euro utilizzati nel 2017 solo per anticipare le risorse pubbliche (che come è noto arrivano spesso con grande ritardo) ai gestori di 282 progetti Sprar e 113 Cas che hanno potuto garantire l’accoglienza di 11mila richiedenti asilo. Cui si sommano, ad esempio, circa 15 milioni già raccolti dal primo aprile 2018 ad oggi sotto forma di risparmio vincolato per finanziare progetti sociali a medio-lungo termine, grazie alla collaborazione con organizzazioni non lucrative che svolgono attività di micro-credito in Africa. Un impegno significativo da parte di una Banca che, pur essendo “etica”, con un capitale sociale di 65,3 milioni di euro raccolto grazie ai suoi 41.539 soci, ha chiuso il 2017 con 2,3 milioni di utile e ha raccolto 1 miliardo e 372 milioni di euro. 1 miliardo e 115 milioni sono stati usati per finanziare 11.416 soggetti individuali e collettivi.
L’assemblea è stata preceduta da un convegno venerdì 11 maggio, ospitato dalla sede di Progetto Sud, comunità presieduta da Don Giacomo Panizza che sul territorio si è distinto non solo per la sua lotta instancabile contro le mafie, ma anche per il modello di accoglienza diffusa praticato con i richiedenti asilo. Un appuntamento non convenzionale, che ha lasciato spazio al racconto di storie collettive, di ciò che si fa e si può fare per accogliere e includere bene, anche in tempi complicati come questi. “Con i migranti. Le buone prassi della finanza etica a sostegno delle politiche locali” il titolo scelto: il “con” è stato raccontato da alcune delle realtà finanziate in varie forme dalla Banca e da alcuni soci e dipendenti che hanno reso possibili questi finanziamenti.
Fiducia e lavoro in rete le parole chiave
Storie individuali e collettive di un’accoglienza e di un’inclusione che in “basso” diventano possibili quando la rete tra migranti, associazioni, cooperative sociali fedeli alla propria missione, istituzioni locali lungimiranti e realtà della finanza etica riescono a incontrarsi e a lavorare in rete. Come quella della cooperativa sociale Mani e terra fondata da SOS Rosarno due anni fa, grazie a un fido concesso da Banca etica di 10mila euro, per garantire un lavoro equo ai braccianti che coltivano prodotti di orto (come melanzane e peperoncino) su terreni presi in affitto.
O come l’associazione Diritti a Sud di Nardò che, insieme all’associazione Solidaria di Bari, Fuori dal ghetto e l’Osservatorio migranti Basilicata, ha unito un gruppo di giovani laureati italiani e braccianti agricoli nel progetto Sfruttazero – autoproduzioni fuori mercato che ha avviato la produzione di salsa di pomodoro distribuita attraverso la rete dei Gruppi di Acquisto Solidale (GAS), senza ricorrere alla grande distribuzione, per inventarsi un lavoro pulito, non precario e non sfruttato. Il progetto è nato nel 2015 con una raccolta crowfunding.
“Non potendo ottenere garanzie, ci siamo rivolti a Banca etica che ci ha sostenuto”, ha raccontato Rosa, giovane presidente di Diritti a Sud. Ora Sfruttazero è alla quarta stagione di produzione, nel 2017 ha distribuito 13mila bottiglie di salsa, pur rifiutando l’offerta di acquisto da parte di Conad, e ha garantito contratti di lavoro in regola a 21 braccianti stranieri.
La cooperativa sociale Il Melograno di Benevento, insieme a altre 3 cooperative, Delfini di Terra, La Solidarietà e Lentamente, ha costituito invece nel 2016 il consorzio Sale della terra per promuovere il modello “Welcome”, un progetto originale che intreccia accoglienza, inclusione, agricoltura e turismo sociale per accogliere i richiedenti asilo, sviluppare l’economia locale e creare nuova occupazione per tutti. 186 gli occupati del consorzio ad oggi, 14 i piccoli Comuni che hanno aderito al progetto facendo confluire i fondi Sprar, quelli per il Rei e il budget sanitario e il sostegno finanziario di Banca Etica. “Gran parte degli 8mila Comuni italiani sono sotto i 5mila abitanti. Il problema è impedire il loro spopolamento” ha ricordato Angelo Moretti, presidente de Il Melograno. Una progettazione intelligente nell’ambito della rete Sprar può garantire buona accoglienza, inclusione sociale e lavorativa, ma anche sviluppo locale per comunità che rischiano di scomparire, creando occupazione per i migranti ospitati e i giovani autoctoni innescando un circuito virtuoso molto diverso da quella “cattiva accoglienza” promossa da chi vi vede solo un lucroso giro di affari.
La piattaforma Startrefugees creata a Genova tenta invece di favorire la domanda e l’offerta di lavoro incrociando le competenze dei richiedenti asilo e quelle richieste dagli enti gestori delle strutture di accoglienza.
L’inclusione sociale passa anche dallo sport e dalla cultura. Da qui il sostegno di Banca etica a Atletico diritti, squadra di calcio amatoriale composta da giocatori italiani e stranieri fondata da Antigone, e alla distribuzione del film di Andrea Segre L’ordine delle cose, attorno al quale si sono tra l’altro costituiti diversi forum locali per cambiarle (le cose).
Ma non ci sono solo crediti a soggetti collettivi. L’inclusione passa anche per il sostegno finanziario alle persone singole considerate non bancabili.
Micro-credito: una delle vie da seguire
Chiara Frizzi, direttrice della filiale di Torino, ha ricordato diversi esempi di micro-finanziamenti individuali concessi per comprare un pianoforte, una stampante 3d, la frequenza a una scuola-guida, la creazione di una piattaforma B&B, l’apertura di un negozio di parrucchiere a Genova, l’apertura di un laboratorio di falegnameria a Ragusa, grazie ad un apposito Fondo di Etica SGR, creato per sostenere quei soggetti che il sistema finanziario tradizionale considera “non bancabili” perché non possono offrire garanzie patrimoniali.
Certo le difficoltà non mancano. Gli ostacoli burocratici che generano l’esclusione finanziaria dei cittadini stranieri sono molti e non sempre è facile superarli. Ad esempio: a Torino non si è riusciti a garantire il pagamento dei famosi pocket money da 2,5 euro al giorno con il rilascio di apposite carte che presuppone la disponibilità di dati certi, di un permesso di soggiorno e del codice fiscale: e quello numerico rilasciato a i richiedenti asilo non è riconosciuto valido.
Fare finanza etica significa anche dire dei no: come quelli detti agli enti gestori dei Centri di Identificazione ed Espulsione.
Finanziare per includere e non finanziare chi accetta di far parte di un sistema che tende a escludere è una scelta: finanziaria, ma anche politica, culturale e, appunto, etica, da perseguire anche quando non genera benefici dal punto di vista economico. Promuovere l’inclusione finanziaria dei soggetti più deboli, non solo migranti, è un modo per combattere le diseguaglianze sociali ed economiche aumentate in modo preoccupante in questi anni e sostanzialmente ignorate da parte della politica istituzionale.