Su 6.016 persone detenute nei Cie, sono state 2.749 quelle effettivamente rimpatriate, il 5% in meno rispetto all’anno precedente: sono i dati forniti dalla Polizia di Stato a Medici per i Diritti Umani (Medu) sui Cie, relativi al 2013.
“I numeri confermano da un lato l’inefficacia e l’irrilevanza dello strumento della detenzione amministrativa nel contrasto dell’immigrazione irregolare, dall’altro l’inutilità e l’irragionevolezza dell’estensione del trattenimento da 6 a 18 mesi (da giugno 2011) ai fini di un miglioramento nell’efficacia delle espulsioni”, dichiara Medu in un comunicato diffuso oggi.
Un’inutilità, lo ricordiamo, molto dispendiosa per la finanza pubblica: Lunaria nel suo rapporto Costi disumani ha stimato una spesa annuale per il mantenimento del sistema di detenzione amministrativa, se funzionassero a regime 13 strutture con 8100 posti, pari ad almeno 55 milioni di euro l’anno.
Una spesa che, come sottolinea Lunaria, “non è giustificabile né sotto il profilo della garanzia dell’effettività dei provvedimenti di espulsione, né sul piano della sostenibilità economica né, soprattutto, su quello della garanzia dei diritti umani fondamentali delle persone che vi sono detenute”.
Le persone detenute vivono sulla propria pelle questo sistema di detenzione amministrativa, le cui condizioni inumane, denunciate più volte da associazioni e organizzazioni internazionali, sono ormai sotto gli occhi di tutti.
Medu, da parte sua, punta il dito anche contro il prolungamento, deciso nel 2011, del periodo di trattenimento fino a 18 mesi: una scelta che secondo l’associazione ha contribuito “ad esacerbare gli elementi di violenza e disumanizzazione di queste strutture”, come Medu stessa ha potuto constatare durante le 18 visite effettuate all’interno dei Cie negli ultimi due anni.
Proprio le condizioni di vita inumane – rese ancora più intollerabili dai tagli del budget- l’inefficacia delle strutture, le proteste dei trattenuti hanno portato di fatto all’implosione del sistema: “attualmente otto centri sono stati temporaneamente chiusi a causa di danneggiamenti o problemi di gestione, mentre i cinque CIE di Torino, Roma, Bari, Trapani Milo e Caltanisetta operano con una capienza molto limitata”, sottolinea Medu.
Di fronte a questa situazione, la risposta delle istituzioni è stata perlopiù securitaria e contenitiva: i Cie maggiormente danneggiati sono stati chiusi, ma non nell’ottica di ripensare il sistema bensì di rafforzarlo. Ne è un recente esempio l’annuncio della prefettura di Milano in merito al Cie di via Corelli che verrà ristrutturato con materiali ignifughi e resistenti per limitare gli eventuali danni in caso di altre manifestazioni di protesta e per cui è previsto un ampliamento dei posti.
“Le istituzioni non possono continuare ad ignorare questo stato dei fatti ed è necessario che il governo affronti con urgenza la questione del superamento di strutture del tutto incapaci di garantire il rispetto della dignità umana e i più elementari diritti della persona”, conclude Medu, sollecitando, come molte altre realtà, il reale ripensamento di questo sistema.