Ci risiamo: un’operazione di salvataggio in mare ha messo in moto l’usuale circo governativo sulla chiusura dei porti. Stavolta con l’aggravante che la Mare Jonio è una nave italiana e, dunque, è allo stesso tempo più complicato negare l’attracco a un porto e più facile fare polemica di basso profilo su coloro che partecipano alle attività di salvataggio. A noi però interessano i fatti e non le polemiche a scopo elettorale del ministro degli Interni.
Vediamoli.
Il primo fatto è che al largo della Libia oggi c’è stato un nuovo naufragio e ancora non sappiamo quanti morti o dispersi ci siano.
Un gommone è stato salvato dal naufragio in acque libiche da una nave italiana. La nave ha imbarcato i naufraghi – e tra questi ci sono diversi minori – e si è diretta verso le acque italiane. Mentre questo accadeva il ministro Salvini faceva scrivere in tutta fretta una direttiva rivolta ai comandi di tutte le forze di polizia, ai comandanti delle forze armate e alla Guardia costiera nella quale si spiegava in sintesi che le operazioni di salvataggio coincidono con il favoreggiamento all’immigrazione “clandestina”, sono strumentali e che, di conseguenza, lo sbarco va impedito a ogni costo.
La direttiva del ministro è ricca di spunti. Ad esempio continua a ribadire l’idea secondo la quale i migranti soccorsi potrebbero essere terroristi perché vengono da Paesi dove i terroristi. Questo potrebbe voler dire che dovremmo fermare gli ingressi dalla Gran Bretagna o dall’Australia? Battute a parte, la relazione dei servizi al Parlamento pubblicata nei giorni scorsi ribadisce che le strade usate dalle reti terroristiche sono altre. La stessa direttiva si apre con un richiamo alla normativa e agli accordi europei. Proprio la stessa Europa che fatica a trovare una politica comune in materia e che il 7 marzo ha riunito per discuterne i ministri degli Interni. Il ministro italiano era a Potenza. In campagna elettorale.
Ma veniamo alle accuse alla Mare Jonio, accompagnate da un fuoco di fila contro gli amici dei terroristi, la nave dei centri sociali e l’augurio/invito ad arrestare tutti i membri dell’equipaggio. Il solito corto circuito tra utilizzo dei social media a scopi politici e uso di argomenti giuridici mescolati con la bassa cucina elettorale.
La prima questione riguarda la necessità di soccorrere le persone in acque internazionali e la non volontà da parte dei soccorritori di cercare un porto sicuro in Libia. Ricordiamolo ancora una volta: le navi delle Ong non avrebbero necessità di esistere se le navi degli Stati europei incrociassero nella zona e conducessero loro le operazioni di soccorso. Quando era attiva l’operazione Mare Nostrum non sentivamo parlare così tanto di ONG. La chiusura di quella operazione, l’avvio della missione europea Triton (concepita come interna alle acque europee e come operazione di controllo dei mari più che come operazione di soccorso) e gli accordi con le autorità libiche affinché braccassero le imbarcazioni di migranti e le riportassero in Libia, hanno in qualche modo costretto le ONG ad attivarsi.
Nei giorni scorsi registravamo il crollo degli sbarchi nel 2019. Un successo? Qui sotto il tweet di Matteo Villa dell’ISPI ci ricorda come dalla Libia si continui a partire e che lo scarto tra partenze e arrivi si debba imputare alle morti in mare e, soprattutto, alle intercettazioni della Guardia Costiera Libica. Che riporta le persone in fuga nell’inferno dei campi di prigionia di quel Paese.
A proposito, in un tweet Matteo Orfini del Pd sostiene che quegli accordi vadano stracciati e sottintende che si tratti di una posizione del suo partito. Sarebbe un bene, ma si tratterebbe anche di una clamorosa inversione a U dopo mesi passati a difendere l’efficacia degli accordi voluti dal ministro Minniti.
⛔️🚢 In sette mesi di “buio informativo” sulle partenze di #migranti dalla Libia, possiamo essere certi che almeno 6.400 persone siano partite.
Di queste, almeno 1.300 sono partite tra gennaio e febbraio scorsi.
Il 75% di loro è stato intercettato dalla Guardia costiera libica. pic.twitter.com/mweDBAXvnR
— Matteo Villa (@emmevilla) March 18, 2019
Non solo, usiamo ancora Villa: il grafico qui sotto registra come le partenze non siano da associare alla presenza di navi di soccorso: le persone partono a prescindere.
🚢⛔️ ONG E SALVATAGGI IN MARE.
Con la #MareJonio che ha appena effettuato un salvataggio al largo delle coste libiche, è necessario tornare a ricordarlo.
No, il “pull factor” delle Ong non esiste. pic.twitter.com/4nyRNV4k98
— Matteo Villa (@emmevilla) March 18, 2019
Infine, questo lo ricordiamo ogni volta che si torna a parlare di sbarchi: in Italia è praticamente impossibile entrare per motivi di lavoro e senza decreti flussi degni di questo nome è inevitabile che i flussi migratori passino per altre strade. La cancellazione della protezione umanitaria contenuta nel cosiddetto “decreto sicurezza”, tra l’altro, non ha fatto altro se non determinare un aumento del numero di persone irregolari presenti nel nostro Paese.