Mercoledì scorso, il consiglio dei Ministri ha approvato la cosiddetta “manovrina” per il rientro del deficit nel 2013 (qui il testo del decreto).
Nel provvedimento sono previsti anche 210 milioni dedicati alle questioni connesse con il fenomeno dell’immigrazione. Vediamo come dovrebbero essere utilizzate queste risorse e dove vengono reperite secondo quanto scritto nel testo.
I 210 milioni previsti sono destinati a due macro-aree d’intervento: 190 milioni di euro confluiranno in un Fondo istituito dal Ministero dell’Interno “per fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale” e “far fronte alle problematiche derivanti dal fenomeno dell’immigrazione”. Il decreto non fornisce ulteriori dettagli sull’utilizzo di questi fondi. Unica eccezione la destinazione di 20 milioni al potenziamento dell’organico degli Sportelli Immigrazione: sono previste la pubblicazione di bandi riservati a lavoratori precari (con almeno tre anni di servizio negli ultimi cinque) e proroghe dei contratti a tempo determinato già in essere.
I restanti 20 milioni di euro andranno a incrementare il “Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati”, già previsto dall’articolo 23, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.
Il testo sembra confermare gli indirizzi politici precedenti: la “questione migratoria” è affrontata più come un problema e un’emergenza che come un fenomeno sociale strutturale da gestire: le espressioni usate come “esigenze straordinarie”, “eccezionale afflusso” e “problematiche” sono da questo punto di vista emblematiche. Si tratta di una scelta, è inevitabile sottolinearlo, ancora una volta miope rispetto alla situazione reale, e che forse, proprio sulla base dei termini utilizzati, sembra dettata più dai tragici avvenimenti degli ultimi giorni che da una reale volontà politica di cambiamento.
Dove vengono reperite queste risorse?
90 milioni sarebbero assicurati dagli “introiti di cui all’articolo 14-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286”. Si tratta del cosiddetto Fondo rimpatri, “istituito presso il Ministero dell’interno per finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza”. Come si legge nella normativa di riferimento, tale Fondo è costituito per metà dai contributi versati nelle casse dello stato dai cittadini di origine straniera per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno (fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro) mentre l’altra metà è costituita dalle risorse messe a disposizione dall’Unione europea nell’ambito del Fondo Europeo per i Rimpatri. La provenienza di tali fondi consente di immaginare l’uso che ne verrà fatto.
70 milioni di euro arrivano dalle somme incassate dall’INPS “in attuazione dell’art 5 del decreto legislativo del 16 luglio 2012, n 109”: si tratta dei soldi entrati nelle casse dello stato a seguito del decreto di attuazione della direttiva 2009/52/CE, riguardante “sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”. Sono, in sintesi, i contributi versati dai datori di lavoro per la regolarizzazione di persone di origine straniera impiegate al nero, contributi che molto spesso vengono in realtà pagati dagli stessi lavoratori.
Infine 50 milioni giungeranno “mediante corrispondente riduzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura”.
In estrema sintesi, più che “Una raffica di fondi”, come scrive Italia Oggi, si tratta in gran parte di soldi che lo stato reinvestirà – forse – in interventi che riguardano le stesse persone che li hanno versati.