Il 12 Marzo, l’ex-ministro degli Interni, Marco Minniti, è stato invitato alla London School of Economics (LSE) dagli studenti della LSE Italian Society per una conferenza sulla “situazione del Mediterraneo, migrazioni e sicurezza”.
L’esponente del Partito Democratico ha esordito invocando la separazione tra emergenza, sicurezza e migrazioni, dal suo punto di vista, usate dalla sola destra “nazional-populista” per conquistare il consenso in Europa. Tuttavia, la conferenza è stata per lo più incentrata sulla conferma di questo nesso, ovvero sulla necessità di proseguire nell’esternalizzazione e securitizzazione dei confini europei, al fine di “controllare e limitare i flussi migratori strutturali”. Dunque, se da un lato l’ex-Ministro ha riconosciuto la non eccezionalità delle migrazioni, dall’altro non ha nascosto la predilezione per una politica volta a limitare le partenze quanto più possibile. Secondo Minniti è fondamentale riconoscere che, ora più che mai, il futuro dell’Europa dipenderà dalle relazioni politiche ed economiche che questa sarà in grado di stabilire con il continente africano. Tuttavia, nel presentare come novità tanto questo legame quanto l’interesse primario dell’Europa nel suo rafforzamento, l’ex-Ministro pare aver scordato secoli di colonialismo. Inoltre, pur avendo criticato l’assenza di progettualità e i catastrofici esiti dell’intervento militare in Libia, Minniti non ha in alcun modo criticato le forme di sfruttamento neocoloniali che i paesi europei portano avanti nel continente africano, supportati dalle élite locali. In riferimento alla Libia, l’ex-Ministro ha sottolineato i propri sforzi e risultati, menzionando solo di sfuggita le tragiche ed inumane condizioni a cui centinaia di migliaia di persone intrappolate e detenute in Libia sono sottoposte.
Ma è proprio per sottolineare la corresponsabilità di Minniti nella creazione di queste condizioni – come conseguenza della politica di esternalizzazione del confine sud-europeo portata avanti durante il suo ministero – che un gruppo di student*, attivist* e accademic* si sono tinti le mani di rosso e le hanno rivolte verso l’ex-Ministro, al grido di ‘Marco Minniti, blood on your hands’.
La firma del Memorandum di Intesa con le autorità libiche (febbraio 2017) ha riconosciuto la guardia costiera libica come interlocutore legittimo e l’ha incaricata di intercettare e ‘salvare’ chi tenti di attraversare il Mediterraneo centrale. L’allora Ministro Minniti non pare aver dato troppo peso al fatto che la Libia non abbia mai firmato la Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato (1951), né tantomeno alle numerose prove e testimonianze a supporto della collusione della guardia costiera con milizie e trafficanti. In questo contesto, appare in qualche modo paradossale l’ossessione dell’ex-Ministro per la lotta ai trafficanti di esseri umani, rappresentati, insieme ai terroristi, come il principale nemico delle democrazie occidentali. Tuttavia, come ha sottolineato uno dei partecipanti alla protesta, “la retorica della lotta al traffico di esseri umani serve esclusivamente a legittimare la securitizzazione dei confini e a restringere lo spazio di azione delle ONG che operano nel Mediterraneo, attraverso la loro criminalizzazione (che risale al Codice di condotta dell’estate 2017). Se il problema è la presenza di attori privati che operano al posto degli Stati nel Mediterraneo, perché l’Italia e l’Unione Europea non hanno creato una missione di salvataggio congiunta? Perché non sono stati aperti più canali di ingresso legali e sicuri? I canali umanitari aperti da Minniti alla fine del suo mandato hanno coinvolto solo poche centinaia di persone. Invece, attraverso la retorica della lotta al traffico di esseri umani, ogni movimento definito come illegale viene punito e marchiato. Ma la legalità è definita dai governi, non ha niente di naturale”.
Davanti al montare dell’estrema destra in Europa e nel mondo, l’attacco all’ex-Ministro di centro sinistra Minniti può sembrare inappropriato. Ma, pur nella consapevolezza delle differenze tra governi neoliberali europeisti (come quelli di Merkel e Macron) e i nazionalisti di estrema destra, la protesta di student* e accademic* è stata innescata dalla volontà di sottolineare una forte continuità tra le politiche migratorie del governo Gentiloni e quelle dell’attuale governo Salvini-Di Maio. Infatti, il ‘contributo’ di Minniti è stato fondamentale per l’escalation discriminatoria messa in atto dall’attuale Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il decreto Minniti-Orlando, riducendo a due gradi di giudizio per i ricorsi contro un parere negativo alle richieste di asilo, ha trasformato il diritto d’asilo in un diritto specificamente “etnico”, per usare le parole di Luigi Manconi. Inoltre, è proprio grazie agli accordi stipulati con la Libia che l’attuale governo può vantarsi di aver ridotto quasi a zero gli sbarchi.
La contestazione di student* e accademic* non va letta come unicamente rivolta all’Italia, ma si estende alla complessiva gestione dei confini europei.
In che modo i governi liberali europei, che oggi sottolineano i pericoli dell’avanzata dei nazionalismi, possono affermare di aver portato avanti politiche di gestione dei confini sostanzialmente differenti da quelle supportate dall’estrema destra?
Un’opposizione forte ed efficace alle politiche proposte dall’estrema destra in tema di immigrazione e confini potrà nascere solo a partire da un radicale ripensamento degli attuali regimi di mobilità europei, attraverso l’ampliamento delle possibilità di ingresso legali e la costituzione di un’effettiva libertà di movimento per la maggior parte degli abitanti del mondo.
Le mani rosse dei dimostranti non rappresentano esclusivamente una critica delle passate politiche di gestione dell’immigrazione a livello europeo. Sono anche un invito -per coloro che prendono le distanze dall’ascesa del nazional-populismo- alla riflessione e al cambiamento, per una reale riforma dei regimi di mobilità che prenda seriamente in considerazione la libertà di movimento, non come privilegio di pochi, ma come diritto dei più.
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Camilla Macciani, del gruppo di attivist* e student* contro Minniti