di Annamaria Rivera
Il 28 febbraio le strade di Roma saranno percorse da un corteo della Lega Nord, con CasaPound e altri gruppi neofascisti, capeggiato da Matteo Salvini, prevedibilmente accompagnato dalla consueta appendice di provocazioni.
Non saranno i soli a manifestare. Da piazza Vittorio fino a Sant’Andrea della Valle, sfilerà il corteo promosso da #MaiconSalvini, ampio cartello di movimenti, centri sociali, associazioni antirazziste e Lgbt, circoli Anpi e altre realtà associative. L’appuntamento è stato lanciato sui social network con una campagna antirazzista cui ha partecipato un buon numero di artisti.
Il corteo, che auspichiamo sia pacifico e di massa, nasce dalla consapevolezza dell’importanza della posta in gioco. Infatti, #MaiconSalvini intende essere una tappa per contrastare l’ambizioso disegno della Lega Nord: porsi alla guida dell’opposizione al governo Renzi, grazie al consolidamento di un polo antieuropeista e razzista che ingloba l’estrema destra, da CasaPound a Fratelli d’Italia. E che aspira a essere parte importante dell’internazionale nera che dilaga in Europa.
Abbandonato il mito della Padania oppressa e sfruttata dal colonialismo terrone e da “Roma ladrona”, in favore del discorso nazionalista, la Lega cerca di guadagnare consensi e voti anche nelle regioni dei disprezzati colonizzatori-sfruttatori. Artefice di questa (apparente) metamorfosi è quello stesso Matteo Salvini che in tempi non remoti, pur parlamentare della Repubblica, intonava nelle feste di Pontida canzoncine graziose quali: “Senti che puzza, scappano anche i cani. Stanno arrivando i napoletani”. http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/politica/salvini-a-pontida/salvini-a-pontida/salvini-a-pontida.html
Nonostante l’innovazione (più che metamorfosi) che la ha risollevata dal baratro degli scandali e delle lotte intestine, la Lega salvinizzata rimane fedele alle proprie origini quanto a razzismo, omofobia, islamofobia. In realtà, essa ha recuperato i suoi più vecchi temi d’impianto razzista-biologista (si pensi alla campagna martellante contro l’allora ministra Cécile Kyenge) e perfino d’ispirazione nazionalsocialista. E’ proprio l’ideologia völkish (il völk inteso come comunità di sangue e suolo) che le ha permesso di passare con disinvoltura dall’etno-nazionalismo padano al nazionalismo völkish, per l’appunto.
Ugualmente in continuità col passato sono la tendenza a tradurre le questioni sociali in questioni identitarie e sicuritarie, e la propensione a sfruttare, organizzare, dirigere verso capri espiatori (anzitutto migranti, rifugiati e rom) la rabbia e il rancore di strati popolari duramente colpiti dalla crisi e dalle politiche di austerità. In tal modo essa si propone come artefice di un’uscita reazionaria dalla crisi, che, ribadiamo, non è solo economica, sociale e culturale, ma riguarda anche la democrazia parlamentare.
Troppe volte, a sinistra, si è minimizzato il ruolo della Lega Nord, riducendola talvolta a null’altro che fenomeno folclorico o considerandola addirittura “costola della sinistra” stessa. Non è cosa archiviata nel registro del passato. Assai recentemente, è per i voti decisivi di membri del Pd che la Giunta per le immunità del Senato ha negato ai Pm di Bergamo l’autorizzazione a procedere contro Roberto Calderoli per istigazione all’odio ‘razziale’: per aver egli, a luglio del 2013, assimilato a un orango la ministra Kyenge. Un senatore del Pd, Claudio Moscardelli, membro della Giunta, è arrivato a negare il carattere razzista della Lega. E con un’argomentazione (si fa per dire) grezza e risibile: la Lega non è razzista, ha affermato, perché “nel suo ambito operano anche diverse persone di colore”. http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/02/09/annamaria-rivera-il-pd-si-schiera-con-calderoli-contro-kyenge-a/
Oggi che essa si propone come punto di coagulo dell’estrema destra, il suo ruolo diviene ancor più pericoloso, in un paese devastato -socialmente, culturalmente, politicamente- dagli effetti della crisi e delle politiche di austerità, dalle “riforme” del governo Renzi, dalla stessa crisi della democrazia rappresentativa.
Non sarà un solo corteo a ostacolare un tale progetto e a spegnere le risonanze funeste che esso evoca. Nondimeno, quello del 28 febbraio, se pacifico e di massa –ribadiamo– può essere tappa importante per il rilancio di un movimento che lo contrasti sistematicamente, quel progetto, soprattutto incrementando le vertenze sociali e moltiplicando i presidi democratici nei quartieri popolari.