Sono 1.686.556 i cittadini italiani che si sono riconosciuti nelle parole d’ordine della Lega Nord, il 6,16% degli elettori. I 5 europarlamentari leghisti eletti si troveranno in buona campagnia di euroscettici di varia natura. Secondo le stime, i partiti nazionalisti e anti-europei avranno 140 seggi su 751, 60 in più rispetto alle elezioni europee del 2009.
Tra gli altri:
24 i seggi conquistati dal Front National di Marie Le Pen diventato primo partito in Francia con il 25% dei voti;
3 dallo Jobbik ungherese con il 14,7%;
2 dalla greca Alba dorata al 9,4%;
2 dai Veri Finlandesi al 12,9%;
7 dai tedeschi dell’Alleanza per la nuova Germania al 7%;
1 dai danesi del Movimento popolare contro l’UE con l’8%;
4 dai polacchi della Nuova destra con il 7,1%;
4 dell’FPO austriaca al 19,7%;
4 dal Partito olandese delle Libertà al 13,4%.
Come è stato notato da qualcuno, non è scontato il peso politico che questi eurodeputati potranno effettivamente avere in Europa: per l’aggregazione in un gruppo parlamentare servono almeno 25 deputati eletti in 7 diversi paesi europei e per vari motivi un accordo politico tra le diverse destre nazionali non è semplice.
Il dato politico però c’è tutto ed è preoccupante. Vi sono milioni di cittadini europei che condividono lo scetticismo nei confronti dell’Europa, il rafforzamento dei suoi confini, politiche migratorie sicuritarie e in alcuni casi rancore e odio espliciti nei confronti di chi viene da altrove. Probabilmente e per fortuna non potranno condizionare più di tanto direttamente le scelte del futuro Parlamento e della nuova Commissione, ma è probabile che la loro significativa affermazione giocherà un ruolo indirettamente, spingendo le altre forze politiche europee ad evitare di fare passi in avanti nella direzione dell’accoglienza e dell’inclusione di profughi, richiedenti asilo e rifugiati, dell’ampliamento della garanzia dei diritti di cittadinanza dei migranti e delle minoranze, del rafforzamento degli strumenti e degli interventi di prevenzione e di lotta contro le discriminazioni.
E’ legittimo infatti aspettarsi che non cambi la strategia politica seguita in campagna elettorale da quelle forze politiche che, pur non condividendo il razzismo e la xenofobia che caratterizzano i partiti e i movimenti nazionalisti e di destra, ritengono eccessivamente rischioso contrapporvisi frontalmente.
Il caso italiano ne è testimone. I partiti maggiori, compreso quello che risulta oggi il primo partito italiano, hanno accuratamente evitato di “esporsi” nelle settimane che hanno preceduto il voto in dichiarazioni riguardanti le politiche migratorie. Nè è sufficiente a cambiare il quadro il reiterato annuncio di una riforma della legge italiana sulla cittadinanza effettuato da parte del Presidente del Consiglio.
Ciò nonostante la Lega Nord abbia centrato la sua campagna elettorale sulla miscela ossessiva di messaggi anti-euro, “allarmi” invasione, informazioni distorte sull’insostenibilità sociale ed economica dell’immigrazione e sulla spesa pubblica per l’accoglienza e per l’inclusione dei migranti, presunti pericoli sanitari, antiziganismo e islamofobia. Una miscela vincente che è riuscita a far dimenticare a più di un milione e mezzo di elettori le indagini e gli scandali che hanno coinvolto diversi suoi esponenti, provocandone un crollo a poco più del 4% nelle elezioni politiche di un anno fa.
C’è però anche un segnale positivo: il successo di Siryza in Grecia e il raggiungimento del quorum da parte della neonata Lista Tsipras in Italia. Quest’ultima ha preso circa 583mila voti in meno della Lega Nord, ma a differenza di questa e del suo segretario è stata oscurata scientemente dai media main-stream. Vi è una parte di elettorato che ha voluto esprimere un voto senza se e senza ma a favore dell’uguaglianza e dei diritti per chiunque si trovi (per caso, per scelta o per costrizione) a vivere in Europa. Ad oggi gli italiani che l’hanno fatto esplicitamente sono circa 1 milione e 103mila, ma non è detto che nella società siano molti di più.