“Il Senato deve decidere: contano di più le voci di odio delle tante Gorino o i diritti di 800mila bambini e ragazzi figli dell’immigrazione che sono nati e/o cresciuti in Italia? Rinviare la discussione del disegno di legge sulla cittadinanza significa dare priorità alle prime”: così Paula Vivanco per conto dei Cittadini senza cittadinanza si è rivolta oggi al Presidente del Senato Pietro Grasso.
Questa mattina una delegazione della campagna L’Italia sono anch’io e del movimento Italiani senza cittadinanza è stata infatti ricevuta dal Presidente del Senato Pietro Grasso. E Paula ha infinitamente ragione: non solo chi inonda di odio razzista il dibattito pubblico e istituzionale, ma anche chi lo asseconda trasformandolo in una bussola della propria strategia politica ha responsabilità molto grandi: contribuisce, consapevolmente o meno, a declassare, frantumare, macellare i diritti di cittadinanza. Non solo quelli dei cittadini stranieri, anche e sempre più quelli di tutti.
E’ senz’altro significativo che il Presidente del Senato si sia espresso ancora una volta a favore di una rapida calendarizzazione della discussione del disegno di legge di riforma sulla cittadinanza, già approvato in aula alla Camera ormai più di un anno fa. Desta invece preoccupazione che sia il Presidente che la relatrice in Commissione Affari Costituzionali Lo Moro confermino di considerare ineluttabile il rinvio della calendarizzazione a dopo il 4 dicembre.
A seguito della manifestazione promossa in varie città italiane dai ragazzi senza cittadinanza e, soprattutto, della grande visibilità che ha incontrato sui media, si sono susseguite decine di dichiarazioni a favore della rapida approvazione della riforma. Tutti sembrerebbero volerla: oltre al Presidente Grasso, il Presidente del Consiglio, che ne ha fatto uno dei principali dei suoi principali slogan (all’inizio del suo mandato), la Presidente della Commissione Finocchiaro, la stessa relatrice Lo Moro.
Ma, c’è un ma. “Non è questo il momento opportuno” perché la legge dividerebbe la maggioranza e, in vista del referendum (questo sì “divisivo”) del 4 dicembre, potrebbe essere oggetto di strumentalizzazione da parte della Lega Nord che ha presentato, lo ricordiamo, 7mila emendamenti al testo.
Abbiamo già spiegato qui perché il rinvio sia ormai assolutamente incomprensibile.
Ora possiamo solo aggiungere due considerazioni.
Primo: “subito dopo il 4 dicembre” il Senato si troverà impegnato nella discussione della legge di Bilancio (che quest’anno sembra avere un percorso particolarmente avventuroso), poi ci sarà Natale, poi ci sarà l’esigenza di intervenire sulla legge elettorale sia che vinca il Sì sia che vinca il No al referendum. La probabilità che il momento opportuno non arrivi prima della fine della legislatura è molto alta.
Secondo: se cade la legislatura cade anche il disegno di legge e, sic et stantibus, è molto probabile che il futuro Parlamento abbia una composizione ancora meno favorevole all’approvazione della riforma. Ad esempio se il Movimento 5 stelle ampliasse il proprio consenso elettorale, la legge si allontanerebbe sempre più. Sulla proposta attuale il M5S si è astenuto alla Camera e ha già annunciato di astenersi al Senato (e qui l’astensione vale un no).
E’ per queste ragioni che, insieme alle altre organizzazioni della campagna L’Italia sono anch’io, Lunaria ha ritenuto giusto fare pressione per una calendarizzazione e un’approvazione della legge prima del referendum. Si potrebbe portare subito in aula così com’è e votarla.
Andare oltre il 4 dicembre significa rischiare di affossare definitivamente la legge.
Nel caso questo avvenisse, circa 800mila bambini e ragazzi che sono nati e/o cresciuti nel nostro paese sarebbero destinati a rimanere fantasmi. E la responsabilità, è bene dirla tutta, ha un nome e un cognome, sarebbe in primo luogo dell’attuale partito di maggioranza.