“La parola “Sicurezza”, checché ne dicano Minniti e Orlando, nel dibattito pubblico e nella percezione individuale, richiama alla mente di tutti politiche populiste, autoritarie e di destra: dalla Turco-Napolitano, passando per la Bossi-Fini fino al pacchetto sicurezza di Roberto Maroni. Dobbiamo pertanto dire chiaramente che non ha nulla a che fare con l’inclusione, la solidarietà, l’uguaglianza e con l’estensione dei diritti, né tanto meno con la giustizia sociale“. E’ quanto scrive Progetto Rebeldia- Pisa sul sito comune-info.net. Un utile riepilogo di cosa comporta, da oggi in poi, l’approvazione dei Decreti Legge nn. 13 e 14, promossi dal Ministro degli Interni Marco Minniti e da quello alla Giustizia, Andrea Orlando. Rebeldia lo fa anche a partire dall’analisi del sociologo francese Loïc Wacquant. Qui di seguito l’articolo.
L’approvazione dei Decreti Legge nn. 13 e 14 dello scorso febbraio, che portano le firme del Ministro degli Interni Marco Minniti e di quello alla Giustizia Andrea Orlando, a soli tre giorni l’uno dall’altro, sancisce un ennesimo punto di non-ritorno. Ancora una volta il centro-sinistra – i “moderati”, i “progressisti” o che dir si voglia -, non solo sceglie di inseguire le destre sul terreno securitario del “sorvegliare e punire”, ma addirittura supera e inasprisce il terreno già seminato dal Decreto Sicurezza di Maroni del 2008.
Nel 2009 il sociologo francese Loïc Wacquant pubblicava un libro dal titolo “Simbiosi mortale. Neoliberalismo e politica penale” dove evidenzia il sistematico nesso tra la distruzione dello “stato sociale” e il rafforzamento dello “stato penale”. Studiando le trasformazioni del sistema carcerario statunitense, soffermando lo sguardo anche su quelle degli stati europei in ottica comparativa, Wacquant osserva come lo smantellamento progressivo del “welfare state” venga accompagnato, nonostante la retorica anti-statista e anti-welfare del neoliberismo, da un intervento sempre più massiccio dello stato nella gestione della sicurezza pubblica. In poche parole, lo stato neoliberista si sottrae dall’ottemperare ai suoi compiti nei confronti della “res publica” per liberare da lacci e lacciuoli l’indole più selvaggia del mercato, affinché sia possibile l’espandersi dei dispositivi penali per gestire le conseguenze sociali generate dalla disfunzionalità del mercato. A partire da questa situazione, emerge una nuova moralità pubblica, riflessa nelle logiche della punizione e dell’incarcerazione, che vede i gruppi meno abbienti come soggetti falliti nei loro progetti personali, individui parassitari e pericolosi per la coesione pubblica.
Dentro questo tracciato, lo stato neoliberista esonera sé stesso dalle responsabilità di non aver saputo contenere la galoppante ineguaglianza socio-economica, poiché è la punizione dei poveri che diventa autentica “politica sociale”. Nelle prigioni si moltiplicano le “vite di scarto” escluse dal magico mondo del mercato. L’imperativo assoluto è far scomparire dagli occhi del cittadino-consumatore quelle marginalità che si potrebbero incontrare nello spazio pubblico, nelle strade e nelle piazze.
Si esalta il “decoro” delle piazze a scapito della possibilità di attraversarle socialmente; la “bonifica” delle aree degradate e delle periferie” diventano la stella polare di una visione politica “sanitaria” dello spazio urbano. Il mantra di Matteo Salvini della “ruspa” e del “fare pulizia”, in realtà, non è affatto un rigurgito verbale proto-fascista di un’intolleranza di destra, ma sempre più la cifra qualificante delle politiche di sicurezza, ormai spacciate anche per politiche “sociali”, promosse sia dalle destre che dal così detto centro-sinistra.
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