Una svolta storica: così veniva accolta da molte associazioni l’approvazione alla Camera, lo scorso aprile, del DDL 1871, il provvedimento presentato da alcuni parlamentari nel gennaio 2014 a proposito di quello che è stato definito lo “ius soli sportivo” (qui la proposta di legge). E finalmente questa svolta è arrivata: il 14 gennaio scorso il Senato ha infatti approvato il DDL, che introduce “disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva”. I minori stranieri residenti in Italia almeno dal compimento del decimo anno di età potranno così tesserarsi nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva. Un passaggio ad oggi precluso a tanti giovani: una divisione tra minori stranieri e italiani che ha pesato sulla vita di tanti ragazzi e ragazze (qui una storia esemplificativa che avevamo raccolto già nel 2013 ). Una separazione creata dall’ “ottusità discriminatoria dei regolamenti di molte federazioni, e dalla mancanza di volontà politica da parte di esse di adeguare la pratica sportiva a una società che negli ultimi anni è cambiata”, sottolineava Sport Alla Rovescia mesi fa, commentando i passi in avanti che si stavano compiendo “nella lotta contro il razzismo nello sport”.
Ora, l’approvazione al Senato mette fine alle numerose problematiche affrontate finora da molte federazioni sportive, ma soprattutto da molti giovani sportivi e sportive.
Certo, permangono alcuni nei: primo fra tutti, il provvedimento interviene solo sui minori residenti in Italia almeno dal compimento dei dieci anni. E gli altri? “Lo sport ha il potere di unire le persone come poche altre cose al mondo. Parla ai giovani in un linguaggio che capiscono. E’ più potente di qualunque governo nel rompere le barriere razziali. Lo sport ride in faccia ad ogni tipo di discriminazione”, affermava Nelson Mandela, ricordato nel manifesto dello Sport e dell’Integrazione redatto nel 2014 dal comitato istituito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali insieme al Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in occasione del rinnovo dell’Accordo di Programma per la promozione delle politiche di integrazione nello sport. Per una vera unione, dunque, si dovrebbero abbattere tutte le barriere, senza prevederne invece a seconda dell’età, degli anni di residenza, o di altre caratteristiche. Ed è proprio in quest’ottica che questo provvedimento dovrebbe essere letto: un primo passo verso un reale superamento delle discriminazioni. Non solo nello sport, ma nell’intera società. “Speriamo che questo sia solo l’antipasto di una legge sullo ius soli che si estenda a tutta la società”, scriveva a marzo. Una speranza che, a fronte del provvedimento approvato, si deve fare appello: una società di giustizia e rispetto si crea abbattendo muri e differenze. La legge approvata nell’ambito sportivo va in questa direzione, andando a normare la situazione attuale. Ora, è necessario che anche la discussione relativa alla legge sulla cittadinanza abbandoni inutili paradigmi rigidamente ideologici, adeguandosi invece, finalmente, alla realtà attuale.