di Moreno Biagioni (Rete Antirazzista – Firenze)
Sono passati circa quindici anni da quando la Rete Antirazzista promosse, sul finire del secolo scorso, la raccolta di firme su tre proposte di legge d’iniziativa popolare (per nuove norme per il conseguimento della cittadinanza, per il diritto di voto alle e ai migranti alle elezioni amministrative, per il trasferimento di competenze in materia di soggiorno dalle questure agli enti locali). Le cinquantamila firme necessarie perché la proposta approdasse in Parlamento non furono raggiunte: la Rete era rimasta sola, o quasi, in questo tentativo di rilanciare il tema immigrati in un’ottica che non fosse quella delle politiche securitarie e dell’ordine pubblico: l’ARCI e il Sindacato non avevano aderito all’iniziativa ed anche chi, come Rifondazione, risultava fra i promotori, non vi si era impegnato un granché.
Oggi la campagna “L’Italia sono anch’io” per due proposte di legge abbastanza simili a due di quelle d’allora coinvolge molti soggetti – associativi, sindacali, politici, di movimento (fra cui, in prima fila, l’ARCI e la CGIL) -, con un impegno reale in molti territori, e sta procedendo abbastanza bene.
Sembrerebbe che in questi lustri la situazione fosse migliorata e che ci trovassimo in un paese più maturo e civile rispetto a quindici anni fa.
Eppure non è così: nel periodo in questione vi è stata una regressione continua, i veleni sparsi dalla Lega hanno fatto breccia e sono diventati senso comune, in un circuito vizioso perverso, i provvedimenti e gli atti compiuti dalle istituzioni, centrali e locali (il razzismo istituzionale delle leggi nazionali e delle ordinanze dei sindaci “sceriffi”), hanno alimentato l’intolleranza e la xenofobia, che sono sfociate in veri e propri pogrom ed in crimini razzisti come quelli del dicembre scorso a Firenze (dove un frequentatore di Casa Pound ha assassinato due senegalesi e ne ha feriti altri tre). E viceversa: l’intolleranza e la xenofobia hanno costituito il retroterra del razzismo istituzionale (anzi, in qualche modo, la sua giustificazione: è la gente allarmata che vuole ordine e sicurezza).
Allora, se la situazione è questa, la campagna attuale non è la riprova di un’Italia migliorata nel tempo, ma l’occasione per risalire la china, per non cadere completamente nel baratro dell’inciviltà, per operare una reale inversione di tendenza rispetto ad una impostazione abbastanza generalizzata (che non ha avuto, e non ha, quindi, adepti soltanto nella destra leghista e berlusconiana, o dichiaratamente nazi-fascista, ma anche fra i moderati di centro-sinistra).
Volendo andare un po’ più a fondo sul senso della campagna, vorremmo che non fosse tutta centrata, come in parte è avvenuto, sul fatto che con la proposta di legge i figli delle e dei migranti che nasceranno in Italia saranno automaticamente italiani (ius soli). Si tratta di un obiettivo sacrosanto, ma non è l’unico. La proposta in questione non riguarda solo i figli, ma anche i padri e le madri, gli uomini e le donne che, provenienti da altri Paesi, intendono vivere in Italia ed averne la cittadinanza. Il percorso per ottenerla, sempre sottoposto a determinate condizioni, viene, nella proposta, semplificato e reso certo. Riflettendo ulteriormente, la richiesta di avere la cittadinanza può essere intesa in più modi: come voglia di “italianità” (in questa direzione andrebbe sicuramente chi pensò la campagna di qualche tempo fa, con tanto di manifesti, in cui si faceva affermare a persone provenienti da Paesi diversi “Mi piacciono la pizza e gli spaghetti, tifo per la Roma o per la Lazio, apprezzo le canzoni napoletane – magari vorrei suonare il mandolino -: perciò sono italiano – mi sento parte della patria italiana -“), oppure come passo necessario per avere uguali diritti, nella prospettiva di quella cittadinanza di residenza che dovrebbe essere l’obiettivo da raggiungere, seppure gradualmente (l’Associazione francese “Democratiser la democratie” ha lanciato in tutta Europa, sono passati ormai alcuni anni, una raccolta di firme su una petizione che richiedeva, appunto, la “cittadinanza di residenza” – se ne voleva raccogliere un milione, di firme, ma non credo che tale iniziativa sia andata a buon fine: in fondo il vento xenofobo e razzista non soffia solo in Italia -). Si dovrebbe comunque ricordare, chi è impegnato a sinistra, che rimane sempre valido il ritornello della canzone di Pietro Gori “Stornelli d’esilio”, e cioè: “Nostra patria è il mondo intero”.
Sarebbe molto importante, inoltre, che si desse maggiore spazio, nelle discussioni e nei confronti, alla proposta riguardante il diritto di voto, diritto che dovrebbe essere proprio di chiunque viva stabilmente sul territorio italiano, senza essere subordinato all’acquisizione della cittadinanza.
Un’ultima considerazione: raccolte le firme, possibilmente molte di più di quelle strettamente necessarie, occorre mantenere in piedi gli organismi che hanno portato avanti la campagna.
Occorrerà, infatti, vigilare e fare pressione perché le proposte, contrariamente a quanto avviene di solito, vadano effettivamente alla discussione in Parlamento. E diventino finalmente leggi della Repubblica Italiana.