“L’Europa aiuterà l’Oim nelle sue indagini, ma di fronte a trafficanti così senza scrupoli e spietati c’è poco che noi possiamo fare”: Michele Cercone, portavoce della Commissaria UE agli Affari Interni Cecilia Malmstrom, commenta così le stragi di migranti avvenute nel Mar Mediterraneo negli ultimi giorni, su cui hanno preso parola Oim e Unhcr (ne abbiamo parlato qui). Duecento persone hanno perso la vita martedì notte al largo delle coste libiche, nel naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiavano. Una strage che si somma a quella che ha avuto luogo la scorsa settimana al largo di Malta: secondo le stime dell’Oim, i dispersi sarebbero 500. In base alle testimonianze dei sopravvissuti, il naufragio sarebbe stato causato dagli stessi scafisti.
Un aspetto su cui l’Ue sembra focalizzare strumentalmente l’attenzione, rimuovendo così le proprie responsabilità e puntando il dito contro “i trafficanti criminali”: “i morti nel mar Mediterraneo non sono incidenti, sono omicidi“, dichiara Cercone. Omicidi. Già. Ma chi sono i mandanti? La provocazione è forte, ma pesa come un macigno anche l‘ipocrisia dell’Unione Europea quando afferma di “non poter fare nulla”.
“Ci chiediamo se queste persone sarebbero mai partite se non ci fosse stata l’operazione Mare Nostrum”, domanda invece il capogruppo della Lega Nord alla Camera Massimiliano Fedriga.
La risposta è si. Sarebbero partite perché il mondo, al di là dei confini che l’Europa sta fortificando sempre di più, versa in quella che l’Unhcr ha definito una “emergenza umanitaria senza precedenti”. Perché, ad esempio, tra i superstiti ci sono due ragazzi palestinesi fuggiti ai bombardamenti israeliani su Gaza, che al 18 agosto avevano fatto oltre 2.000 vittime e più di 10.000 feriti (dato diffuso dal Ministero della Salute palestinese). Perché tra i sopravvissuti a questa ennesima e terribile strage ci sono alcuni cittadini siriani, dove la guerra sta facendo talmente tante vittime che il 7 gennaio scorso l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha fatto sapere che non avrebbe più aggiornato il numero dei morti.
In situazioni come queste tutti – anche noi – proverebbero a fuggire, con ogni mezzo a disposizione. L’assenza di mezzi legali e sicuri per raggiungere il paese di destinazione mette queste persone nelle mani degli scafisti senza scrupoli. Per questo l’Unione europea dovrebbe mettere in campo delle risposte diverse, schierandosi dalla parte di chi fugge. L’Unione dovrebbe garantire il diritto all’asilo e alla protezione internazionale, sancito dalla Convenzione di Ginevra, con l’apertura di canali umanitari per l’ingresso di chi fugge da guerre e persecuzioni, e l’applicazione della Direttiva Europea sulla Protezione Temporanea (2001/55/CE).
Le ultime mosse dell’Unione europea vanno nella direzione totalmente opposta, del resto confermando la linea di chiusura da sempre assunta dall’Ue e dagli stati membri. Il nuovo presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker ha sottolineato la necessità di “contrastare l’immigrazione irregolare, proteggere i confini europei” e, nello stesso tempo, aiutare l’Europa “a far fronte alle carenze di competenze attraendo i talenti di cui ha bisogno”. Per fare ciò, si è avvalso di un nuovo commissario con delega all’immigrazione, l’ex ministro della Difesa greco Dimitris Avramopoulos, la cui posizione sul fenomeno migratorio si esplica nella frase “proteggere la nostra società e i nostri confini”. (ne abbiamo parlato qui).
Nella “Strategia europea per il contrasto al traffico di esseri umani” si prevede “un’alleanza delle imprese contro il traffico di esseri umani” consistente, tra l’altro, “nell‘impegno delle aziende a non assumere immigrati vittime di tratta”, come riferito da Maurizio Molinari su Redattore Sociale.
L’obiettivo dichiarato di Triton, la nuova missione annunciata pochi giorni fa e ancora in discussione, è “controllare le frontiere e combattere l’immigrazione irregolare”, mentre non c’è alcuna intenzione di avviare nuovi interventi che abbiano come priorità il soccorso dei migranti in mare.
L’Unione europea potrebbe farlo: semplicemente, non lo vuole fare.