La Commissione Europea ha deciso ieri l’estensione della missione TRITON fino alla fine del 2015 con uno stanziamento “di emergenza” di 13,7 milioni di euro. Ma servirebbe altro. TRITON non è la missione giusta. E il rafforzamento delle attività e dei mezzi di salvataggio in mare sono una priorità, ma non sono l’unica priorità.
Nel corso di un incontro organizzato, sempre ieri, dalla Commissione Straordinaria per i diritti umani del Senato, il Presidente Manconi ha sottolineato come razionalità, intelligenza e lucidità dovrebbero prendere il posto di interventi emergenziali e non coordinati a livello europeo. La presentazione delle proposte dell’UNHCR per la ratifica delle due direttive comunitarie sull’asilo “procedure” e “accoglienza” ha costituito l’occasione per ricordare le responsabilità nazionali e europee nei confronti delle migliaia di persone che fuggono da guerre e conflitti.
E’ prioritario soccorrere le persone in mare, ma serve anche aprire corridoi umanitari e dotarsi di un sistema di accoglienza efficiente e coordinato a livello comunitario. La trasformazione del sistema di accoglienza fondato su grandi centri collettivi (i CARA) in una rete di centri di accoglienza piccoli e diffusi sul territorio; l’adozione di un sistema di programmazione, di governance e di monitoraggio coordinato dell’accoglienza e la riforma degli organismi che gestiscono la procedura per la domanda di asilo, con la creazione di un organismo dedicato presso il Ministero dell’Interno che garantisca la professionalizzazione dei componenti delle Commissioni e l’equità della procedura, sono le raccomandazioni avanzate dall’UNHCR. Proposte intelligenti e lungimiranti.
Lucidità e intelligenza sarebbero utili anche per evitare che l’opinione pubblica, disorientata dal disordine mondiale e dalla proliferazione delle crisi internazionali, si lasci affascinare troppo facilmente dalla propaganda che fa dello “scontro tra civiltà” e del rifiuto dei profughi e dei migranti un vergognoso oggetto di speculazione politica. Non è solo il leader della Lega ad aver risuscitato in questi giorni la ben nota connessione tra la diffusione dei movimenti fondamentalisti, l’allarme terrorismo e le migrazioni. Troppe voci hanno riproposto la tesi avanzata (pare) dai servizi segreti inglesi, secondo cui i “barconi” sarebbero il nuovo cavallo di Troia che consentirebbe all’Is di “attaccare il sud dell’Europa”. Voci solleticate da vari conduttori di salotti radiofonici e televisivi ai quali esperti di politica estera, un ex Presidente della Commissione Europea, un ex Presidente del Consiglio e ex Ministro degli Esteri, esperti militari e studiosi hanno dovuto ricordare che tutti gli attentati che hanno colpito l’Europa fino ad oggi sono stati compiuti da cittadini europei.
Dopo la morte di più di 300 persone avvenuta l’8 febbraio la reazione istituzionale e dell’opinione pubblica non è stata la stessa che si registrò dopo il 3 ottobre 2013. Il deflagrare (preannunciato da tempo) della crisi libica ha disperso velocemente l’indignazione di rito per lasciare spazio al lancio dell’ennesimo allarme “invasione” dei migranti identificati come “potenziali terroristi”. Niente di nuovo: successe dopo gli attentati negli Stati Uniti del 2001 e nel 2011 dopo le cosiddette primavere arabe. Ma oggi c’è un contesto politico completamente diverso, in Italia come in Europa. In Italia, la crisi delle destre ha aperto la strada alla legittimazione del leader della Lega come nuovo leader della destra. In Europa le elezioni del 2014 hanno visto un successo dei movimenti nazionalisti, xenofobi e populisti.
Tre conseguenze pericolose
Il risultato è che l’irresponsabile agitazione dei venti di guerra da parte di due ministri (evidentemente non all’altezza del loro incarico) ha già avuto almeno tre pessime conseguenze, sebbene (e per fortuna) il rischio di un intervento armato in Libia sia oggi più lontano di qualche giorno fa.
1. Gli allarmi, la rievocazione dell’intervento militare come soluzione (falsa) della crisi libica ha rilanciato la legittimazione della GUERRA come strumento ordinario di risoluzione delle crisi internazionali. Il dibattito pubblico svolto in questi giorni rischia di assecondare la diffusione nell’opinione pubblica di una CULTURA DELLA GUERRA. E una volta innescati, i processi culturali non si fermano con una o due dichiarazioni di rettifica.
2. E’ stata lanciata una GUERRA COMUNICATIVA pericolosa che va fermata. La spettacolarizzazione dei crimini orribili commessi dall’IS voluta dagli stessi autori, è stata assecondata dai media italiani contribuendo a radicare nell’opinione pubblica l’idea (riesumata anche questa) dello “scontro tra civiltà” e della condanna dei fedeli di religione musulmana, tutti identificati come potenziali terroristi. Se questa tendenza dovesse proseguire con queste modalità, rischierebbe di alimentare il consenso ai movimenti jihadisti tra i giovani di religione musulmana che vivono in altri continenti, ma anche tra quelli che vivono in occidente.
3. LA GUERRA AI MIGRANTI. Ma gli effetti della retorica della paura potrebbero essere devastanti soprattutto per le persone che cercano protezione in Europa. Siamo tornati all'”Affondiamoli prima che partano”. E il solo fatto che chi rivolge questo invito raccolga applausi non di una parte, ma di interi salotti televisivi la dice lunga sulla direzione verso la quale stiamo andando.
Dunque forse a nulla probabilmente servirà ricordare che i flussi di migranti e di profughi sono iniziati ben prima che l’IS acquisisse il controllo di alcune aree della Libia perchè crisi politiche e conflitti etnici sono in corso da anni in molti paesi africani. E le responsabilità dell’occidente sono enormi.
Non ci sono state in passato “invasioni”, né ci saranno in futuro. Nel 2014 sono 170mila le persone che hanno raggiunto l’Italia via mare, solo un terzo delle quali è rimasto nel bel paese.
La spesa pubblica sostenuta dal nostro paese ha privilegiato di gran lunga le politiche del rifiuto rispetto a quelle per gli interventi di accoglienza e di inclusione ordinari. 237 milioni l’anno in media destinati alle prime rispetto ai 123 milioni destinati alle seconde, meno della metà. Non sembra sia stata la scelta giusta ed efficace. Se anche, come ha stimato il sottosegretario dell’Interno Manzione, fossero 400mila i profughi in arrivo nei prossimi mesi, corrisponderebbero a malapena allo 0,006% della popolazione italiana.
C’è davvero qualcuno che pensa che questo zero, zero zero sei per cento e le risorse necessarie per l’accoglienza sarebbero le vere cause del peggioramento delle nostre condizioni di vita, di lavoro e sociali?