“Inferno”. E’ in maniera drammaticamente chiara che i bambini reclusi nel centro di detenzione per migranti sull’isola australiana di Christmas Island descrivono la struttura. Lo riporta la Commissione australiana per i diritti umani dopo la visita al centro, effettuata nell’ambito dell’Inchiesta Nazionale sui centri detentivi per bambini.
Autolesionismo e spersonalizzazione è quanto si sono trovati davanti i membri della Commissione entrati nella struttura detentiva: “I bambini si chiamano per numero, non più per nome. Soffrono di ritardi dello sviluppo, di ansia e depressione, non parlano e guardano il nulla con occhi sbarrati”, ha dichiarato la presidente della Commissione Gillian Triggs, sottolineando che le condizione “inumane” del centro “sono estremamente lontane dagli standard internazionali”.
Stando ai dati diffusi dalla Commissione, la maggior parte dei 315 minorenni detenuti nel centro di Christmas Island è reclusa nella struttura da sei-otto mesi: un periodo non conforme alle leggi internazionali, secondo cui “i bambini non dovrebbero essere trattenuti, se non per il tempo strettamente necessario per i controlli sanitari e di sicurezza”. Questi minori, invece, “sono reclusi di fatto in una prigione, su un’isola remota, con un clima soffocante e umido, in circostanze estremamente difficili e disumane”.
L’inchiesta nazionale sulla detenzione dei bambini nei centri per migranti è la seconda realizzata dalla Commissione. Già la prima, avviata nel 2004, descriveva queste strutture come “luoghi traumatizzanti”, e i membri della Commissione, che allora come oggi comprende psichiatri infantili e pediatri, avevano riscontrato l’insorgere di “forti disturbi mentali”.
Il lavoro di 10 anni fa sottolineava che in Australia erano detenuti circa 1000 bambini, e la situazione rimane allarmante ancora oggi: secondo la campagna END immigration detention of children, attualmente in Australia sarebbero 1700 i bambini reclusi nei centri di detenzione, e addirittura almeno 15 minori sarebbero nati nei centri, senza conoscere mai il mondo al di fuori della reclusione. Sono nel centro di Nauru – definito da Amnesty International “una catastrofe umanitaria” – sono detenuti circa 130 bambini, come riportato dal quotidiano australiano The Age.
Alle sollecitazioni della Commissione, che già nel 2004 chiedeva di rilasciare nel giro di un mese i bambini reclusi, il governo rispondeva in maniera sconcertante: “Il rilascio dei bambini potrebbe mandare un messaggio sbagliato ai trafficanti di persone, che potrebbero imbarcare molti più minori sui pericolosi viaggi di fortuna per arrivare in Australia”, dichiarava l’allora ministra dell’immigrazione Amanda Vanstone. Lo stesso concetto sembra essere ribadito oggi, nonostante l’inchiesta sveli uno scenario preoccupante.
All’allarme lanciato da Gillian Triggs e dal suo gruppo di lavoro si associano quelli di molte associazioni, che da anni (qui la denuncia di HRW, qui Amnesty International) denunciano la detenzione coatta dei minori: una situazione che si inserisce nella politica adottata dal governo australiano, che consiste nel rinchiudere i richiedenti asilo in centri di detenzione sulle isole, lontano da tutto e tutti, in condizioni disumane e dove il diritto alla protezione di fatto non è tutelato.
Tutto questo nonostante l’Australia sia uno degli stati firmatari della convenzione di Ginevra sui rifugiati.
Guarda i disegni dei bambini reclusi raccolti dalla Commissione australiana.
Qui info e materiali sull’inchiesta.