Maggio 2011. Siamo in piena campagna elettorale per le elezioni amministrative. Tra le città in cui si vota, c’è Milano. I due candidati sindaci che monopolizzano l’attenzione sono la Sindaca uscente, Letizia Moratti (sostenuta dalla coalizione di centro-destra), e Giuliano Pisapia (sostenuto dalla coalizione di centro-sinistra). Il 21 maggio 2001, Umberto Bossi, allora segretario della Lega Nord, dichiara: “Mi impegnerò contro Pisapia perché rischia di trasformare Milano in una zingaropoli”. Toni analoghi caratterizzano anche una dichiarazione rilasciata al quotidiano la Repubblica. Nello stesso giorno, il quotidiano pubblica anche la foto di alcuni manifesti elettorali diffusi nelle strade di Milano dalla Lega Nord. Il testo ha lo stesso tenore delle dichiarazioni. Due giorni dopo, il Presidente del Consiglio Berlusconi, nel suo “Appello per Milano”, dichiara: “Milano non può, alla vigilia dell’Expo 2015, diventare una città islamica, una zingaropoli piena di campi rom e assediata dagli stranieri a cui la sinistra dà anche il diritto di voto”. Il 23 maggio, il Naga, storica associazione antirazzista milanese, decide di presentare un ricorso antidiscriminazione. A distanza di un anno, la prima sezione civile del Tribunale di Milano accoglie parzialmente il ricorso, accertando e dichiarando il carattere discriminatorio dell’espressione “MILANO ZINGAROPOLI”. Per la prima volta in Italia, viene depositato un provvedimento giudiziario che condanna dei partiti politici per discriminazione. Per approfondire i dettagli relativi ai contenuti della sentenza, scarica la scheda.