Il 18 dicembre 2018, Egidio Tiraborrelli, 81 anni, viene prelevato dal piccolo alloggio popolare dove vive, per essere condotto nel carcere di Parma. Al momento dell’arresto, Egidio apprende che, il 2 novembre 2016, la sezione penale del tribunale di Ancona lo ha condannato – in contumacia e con sentenza definitiva– a ben tre anni e sei mesi di prigione per «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina», “delitto” che avrebbe compiuto nel 2012. Pur riconoscendogli delle attenuanti, i giudici gli infliggono la condanna carceraria, più una multa di diecimila euro. E, pur essendo in età avanzata e in uno stato di salute sempre più grave, Egidio resta in prigione per quasi nove mesi, in condizioni assai difficili. Cinque mesi dopo la carcerazione, un’avvocata di Parma presenta l’istanza per misure alternative, ottenendo solo la possibilità di ricoveri temporanei. Nel corso di uno di questi, Egidio si aggrava, forse a causa di una infezione nosocomiale, e muore il 6 settembre 2019. La sua vicenda illustra, in modo tragicamente esemplare, il fatto che la giustizia sia tuttora una giustizia di classe, che tende a mostrare il suo volto più severo verso i più poveri e vulnerabili. Fulcro di questa storia, è il cosiddetto “reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, “grazie” al quale perfino gli atti di solidarietà più ovvi e spontanei possono cadere sotto la scure della repressione, anche più brutale. Per conoscere i dettagli della vicenda di Egidio, scarica la scheda.