La sera dell’11 dicembre 2006 si consuma la mattanza di Erba. Quattro i corpi straziati: Raffaella Castagna, il figlio Youssef di due anni, Paola Galli, madre di Raffella, e Valeria Cherubini, una vicina di casa. Scampato alla furia degli assassini, per miracolo, solo Mario Frigerio: colui che poi indica i colpevoli della strage in Olindo Romano e Rosa Bazzi, vicini di casa e residenti al piano terra del palazzo. Tuttavia, senza nessun riscontro oggettivo, a poche ore dal delitto, l’assassino “designato” è Abdel Fami Azouz Marzouk, marito e padre di due delle vittime, ma soprattutto “lo straniero”, “il musulmano”, “il pregiudicato”. Per i media non c’è bisogno di attendere né conferme né verifiche. E dalla ricerca del capro espiatorio al processo mediatico, il passo è brevissimo. Un caso esemplare, quello di Erba: perché questa volta non sono gli assassini a sviare le indagini, ma gli inquirenti stessi che prendono un clamoroso abbaglio. Un abbaglio sufficiente a far sì che, a poche ore dal pluri-omicidio, la notizia non sia più quella della strage, ma il problema della presenza immigrata in Italia. Di fatto, la strage di Erba, uno dei fatti di cronaca nera più discussi degli ultimi tempi, è diventato un caso di studio, non solo per la sua gravità o per l’alternarsi delle operazioni investigative, ma anche per l’incredibile vicenda che ha coinvolto il giovane Azouz sino ai tempi più recenti. Per ricostruirla, scarica la scheda qui.