Il 12 giugno 2019, la Sea-Watch 3, capitanata da Carola Rackete, soccorre in mare 52 migranti. Viene richiesta immediatamente l’assegnazione di un “place of safety”. La comandante chiede l’autorizzazione a entrare in un porto italiano. Nella notte del 29 giugno (dopo ben 17 giorni ferma in mare), Carola avvia i motori e si dirige verso la banchina del porto di Lampedusa, dove, infine, attracca urtando accidentalmente, nella manovra, una motovedetta della Guardia di Finanza. Carola Rackete viene arrestata in flagranza di reato e posta ai domiciliari a Lampedusa. A partire da questo momento, diventa il bersaglio di una lunga serie di violenti attacchi razzisti e sessisti. E’ una vicenda esemplare che passa con estrema rapidità dalla vita quotidiana, ai social fino alle aule dei tribunali. Tutto il percorso di Carola viene marcato da una serie di provvedimenti giuridici che, una volta emanati, diventano pretesto per giustificare la pubblica denigrazione. La vicenda della Sea Watch 3 prima, e quella legata alle sorti della sua capitana poi, riescono a mostrare il peggio dell’hate speech e delle fake news degli ultimi anni, intrecciando odio e contenuti in modo “impeccabile”. Carola è un esempio, perché malgrado i pesanti insulti ricevuti, ha saputo affrontare il tutto con enorme dignità. E perché malgrado tanto odio e accanimento, è riuscita a rimanere sempre non omologabile e “libera”. Per leggere la ricostruzione dei fatti, scarica la scheda qui.