L’OCHA, l’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs dell’ONU, ritiene che l’escalation di violenze a Tripoli e dintorni abbia finora provocato la fuga di oltre 9.500 persone, precisando che 3.500 sono gli sfollati solo nelle ultime 24 ore.
È questa la situazione che si prospetta a poco più di una settimana da quando il generale Khalifa Haftar ha annunciato, tramite una registrazione audio pubblicata sulla pagina Facebook dell’Esercito nazionale libico, e subito riportata da Al Jazeera (vedi qui), di essere pronto a conquistare Tripoli, sede del governo di accordo nazionale guidato da Fayez Al Sarraj.
La situazione è ancor più grave, se possibile, nei centri di detenzione in cui sono rinchiusi i migranti, dove le condizioni erano pessime già prima dell’inizio della nuova fase di conflitto (vedi, tra le altre qui e qui). In particolare nei Centri di Ain Zara e Qasr bin Gashir, che si trovano al centro degli scontri, le forniture mediche e alimentari si stanno rapidamente esaurendo e i detenuti sono sempre più preoccupati per la loro sicurezza.
Data l’attuale situazione l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha ricollocato oltre 150 rifugiati dal Centro di detenzione di Ain Zaraal Centro di raccolta e partenza della stessa Agenzia, situato in un’area ritenuta più sicura (vedi qui).
Alcuni migranti che si trovano nel centro di Qasr Bin Ghashir, pur temendo fortemente per la propria incolumità, hanno invece rifiutato un simile trasferimento, chiedendo di essere evacuati al di fuori della Libia, verso un “Paese di pace” (vedi il video del progetto Exodus – fuga dalla Libia).
Alcune persone si trovano in questi Centri in ragione di accordi internazionali (tra tutti gli accordi Italia-Libia) firmati con l’obiettivo di ridurre il traffico illegale e contrasto all’immigrazione clandestina. Questo nonostante l’UNHCR abbia sempre ritenuto che la Libia non possa in alcun modo considerarsi “Paese terzo sicuro”, anche prima dell’inizio dell’attuale conflitto, in “considerazione dell’assenza di un sistema d’asilo funzionante e delle difficoltà ampiamente segnalate” (vedi qui).
Intanto l’Agenzia ONU, in attesa di mettere in protezione i migranti che si trovano intrappolati nei centri di detenzione, ha rafforzato la propria presenza a Tripoli e Misurata, assicurando la continuità dei propri servizi di assistenza telefonica in altre zone dove è forte la presenza di migranti e sfollati. È stato inoltre fatto appello agli attori internazionali affinché venga posta una soluzione al conflitto e che venga quantomeno assicurato l’accesso sicuro degli aiuti umanitari alle aree colpite.
Allo stesso modo, l’OMS, Organizzazione mondiale della Sanità, preoccupata per l’aumento del numero di feriti, l’alto rischio di contagio e il peggioramento delle già precarie condizioni delle infrastrutture sanitarie sul territorio libico, ha avviato una collaborazione con le altre realtà già presenti sul territorio, per sostenere le operazioni di assistenza sanitaria (vedi qui).
Intanto l’Italia e l’Europa si affrontano sul piano politico.
Al centro del dibattito è infatti la posizione della Francia che, secondo l’agenzia Reuters (vedi qui) avrebbe bocciato un documento dell’Unione Europea nel quale si chiedeva ad Haftar di bloccare immediatamente l’offensiva. Pronta è stata la smentita francese attraverso la portavoce del ministero degli Esteri, Agnes von der Muhll, la quale ha spiegato che le uniche obiezioni avanzate dalla Francia riguardavano il rafforzamento di alcuni punti del documento, in particolare rispetto alla situazione dei migranti e alle iniziative per una conclusione politica del conflitto, grazie all’intervento coordinato dall’ONU.
In una recente dichiarazione Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, pur non nominando mai direttamente il generale Haftar, ha invitato, a nome dell’Unione europea, “tutte le parti a cessare immediatamente tutte le operazioni militari”, richiamandole al rispetto delle norme di diritto internazionale, compreso il diritto umanitario internazionale. “Coloro che lo violano” ha detto al Mogherini “saranno ritenuti responsabili”.
Il Ministro dell’Interno italiano, lungi dall’interessarsi alla crisi umanitaria libica, si è detto piuttosto preoccupato per gli interessi economici italiani in Libia.
“Non sono onestamente tanto preoccupato sul tema immigrazione perché mi sembra che si sia capito che l’Italia ha finalmente cominciato a difendere i suoi confini via terra e via mare, sono preoccupato perché ci sono tanti italiani che stanno lavorando lì, perché c’è l’Eni che significa una delle principali aziende italiane che sta lavorando lì e perché vorremmo riprendere dei rapporti commerciali con un Paese stabile. Speriamo che si fermino” (vedi video qui).
Il Premier Giuseppe Conte ha invece evidenziato la gravità della situazione umanitaria, che potrebbe, a suo avviso, avere conseguenze sui flussi migratori, così come sull’insorgenza della componente terroristica in Libia.
Nel frattempo l’ONU, per il tramite di Ghassan Salamé, Rappresentante speciale del Segretario generale, ha rinviato a data da destinarsi il prossimo appuntamento della Conferenza Nazionale libica, in programma per i giorni del 14-15 e 16 aprile a Ghadames, in Libia.
L’incontro era stato previsto nell’ottica del più ampio piano internazionale, con il supporto della Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL), per favorire la riunificazione nazionale in Libia e portare il Paese alle elezioni generali, auspicabilmente entro il 2019. Il precedente vertice si era tenuto proprio in Italia, a Palermo nei giorni del 12 e 13 novembre scorso, e aveva portato alla definizione di una roadmap condivisa per la risoluzione della crisi libica.