Dal 18 agosto 2015 Sunjay Gookooluk, cittadino delle Mauritius in Italia da 26 anni, è trattenuto nel Centro di Identificazione e Espulsione di Ponte Galeria, per la seconda volta in pochi mesi. Eppure Gookooluk è già identificato da tempo (ha il codice fiscale e persino un conto corrente) e in Italia ha gran parte della famiglia, fra cui la sorella invalida a cui presta assistenza. Un trattenimento inutile e dannoso per tutta la collettività. Sunjay Gookooluk deve essere liberato e con lui tutte le persone trattenute nei CIE benché nate o arrivate in Italia da minori, malate, tossicodipendenti, vittime di tratta, violenza o caporalato. Unisciti a noi, amici di Sunjay, cittadini e professionisti. #FreeSunjay!
#FREESUNJAY – Libertà per Sunjay Gookooluk, artista e scrittore ingiustamente trattenuto nel CIE di Ponte Galeria
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Lettera all’On. Sergio Mattarella – Presidente della Repubblica
Ill.mo Signor Presidente,
a scriverLe è un gruppo di cittadine e cittadini, che, di diversa formazione politica e culturale, sono impegnate/i, pur in campi diversi, per il rispetto della nostra Costituzione e la difesa dei valori democratici, di giustizia, uguaglianza, inclusione sociale.
Ci permettiamo di scriverLe per sottoporre alla Sua attenzione la vicenda di un uomo, Sunjay Gookooluk, originario delle Isole Mauritius, da ventisei anni nel nostro Paese.
Egli ha trascorso otto anni della sua vita in carcere, in Italia, ove ha studiato, letto, scritto, ottenuto un diploma e vinto un premio letterario. Cosicché ne è uscito, come spesso racconta, totalmente cambiato.
Sebbene abbia pagato per intero il suo debito con la giustizia e si sia ravveduto, ciò non è bastato a restituirlo alla libertà e a garantirgli il reinserimento sociale, come vorrebbe lo spirito della nostra Costituzione. Infatti, uscito dal carcere il 10 gennaio 2014, alcuni mesi dopo, il 30 ottobre dello stesso anno, egli è stato, senza alcuna ragione e finalità apparenti, ristretto nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria, nella periferia sud-ovest di Roma. Dopo quasi tre mesi, il 27 gennaio 2015, ne è uscito e, da allora fino a una settimana fa, ha cercato faticosamente di ricostruirsi una vita dignitosa.
Ma il 17 agosto scorso, convocato dalla Questura di Roma per il ritiro di una notifica, è stato fatto salire su una volante della Polizia di Stato perché “occorreva fotosegnalarlo”. Dopo una notte trascorsa nell’Ufficio Immigrazione della stessa Questura, è stato di nuovo condotto fra le sbarre di Ponte Galeria. Qui egli non ha neppure la possibilità di studiare e di scrivere; né gli è consentito di seguire la dieta alimentare che gli è consona, essendo lui vegetariano nonché affetto da diabete cronico.
Il suo trattenimento è stato convalidato nel corso di un’udienza-lampo che, secondo il suo legale, l’Avv. Alessandro Crasta, è stata viziata da numerosi pregiudizi, a tal punto che egli, il legale, presenterà ricorso in Cassazione. Infatti, nonostante la copiosa documentazione presentata dall’avvocato, non si è tenuto conto di numerosi elementi decisivi, in particolare della pendenza di tre ricorsi: contro un decreto di espulsione; per la cancellazione della “pericolosità sociale”; per la coesione familiare con la sorella, cittadina italiana, vedova, affetta da una grave malattia invalidante e bisognosa delle cure di suo fratello, unico familiare in Italia.
Insomma, Sunjay Gookooluk è di nuovo ristretto, sia pur in detenzione amministrativa, e del tutto vanamente, anche perché, non esistendo in Italia una rappresentanza diplomatica delle Isole Mauritius, egli è difficilmente espellibile.
Eppure il Sunjay di oggi è tutt’altra persona rispetto a quella che entrò in carcere quasi un decennio fa. Oggi egli è impegnato a emanciparsi e ad aiutare gli altri: lo fa tutt’ora nel CIE in cui è rinchiuso, svolgendo opera di mediazione culturale e linguistica fra i “trattenuti”, gli operatori, i rappresentanti delle associazioni e delle istituzioni che vanno a visitare quel luogo.
Nonostante le grandi potenzialità acquisite, il suo sogno è semplice e modesto: ottenere un documento di identità, liberarsi del marchio infamante della “pericolosità sociale”, reinserirsi socialmente, essere d’aiuto alla sorella invalida.
Ci rivolgiamo a Lei per chiedere giustizia per un uomo che è stato ridotto a un fantasma, come egli stesso scrive.
Da ultimo ci permettiamo, Presidente, di rivolgerLe un suggerimento. Trovi il tempo per visitare quanto prima uno di questi luoghi in cui le persone sono a tal punto umiliate da non essere più considerate persone. Verifichi Lei stesso quali zoo per umani siano i Centri d’Identificazione ed Espulsione, contrari alla nostra Costituzione che non ammette la detenzione amministrativa. Forse proverà il nostro stesso dolore, la nostra stessa vergogna, la nostra stessa indignazione.