Sei miliardi di euro: sono i fondi sbloccati dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel per l’accoglienza dei profughi. Berlino aumenterà lo stanziamento per i richiedenti asilo di 3 miliardi di euro, e metterà a disposizione altri 3 miliardi per i comuni che si incaricheranno dell’alloggiamento dei rifugiati.
Inoltre, il viceCancelliere tedesco Sigmar Gabriel ha annunciato che la Germania potrebbe accogliere 500mila migranti all’anno, per alcuni anni. “Nessun limite alle richieste di asilo”, ha affermato la cancelliera Merkel, che dal 25 agosto ha deciso di non respingere verso il primo paese di accesso i profughi siriani, sulla base della clausola di sovranità prevista dal regolamento Dublino III. “Il diritto fondamentale all’asilo politico non prevede una limitazione del numero di richiedenti asilo”, ha sottolineato Merkel, congratulandosi con i propri concittadini per la straordinaria risposta umana e solidale espressa nei confronti dei migranti che provano a raggiungere l’Europa. La stessa risposta messa in campo da molti cittadini austriaci, i quali, oltre ad accogliere i migranti con beni di prima necessità e applausi, si sono organizzati per andare a prendere le persone direttamente in Ungheria e riportarle con sé, nelle proprie auto, in territorio austriaco. “Dopo un colloquio con il primo ministro ungherese Viktor Orban e in coordinamento con la cancelliera tedesca Angela Merkel – ha dichiarato pochi giorni fa il cancelliere austriaco Werner Faymann – a causa dell’attuale situazione al confine ungherese, Austria e Germania acconsentono in questo caso a un proseguimento nei loro paesi del viaggio dei rifugiati”.
Una significativa inversione di tendenza rispetto a quanto succedeva solo poco tempo fa, quando i migranti venivano bloccati nelle stazioni delle varie città europee o ai valichi di frontiera, ripristinati per l’occasione (si pensi, ad esempio, a Ventimiglia).
Ma quanto sta succedendo, con in primis l’apertura dei confini di Austria e Germania, non rappresenta una soluzione alla questione migratoria, né deve far dimenticare i diversi ostacoli che i migranti continuano a fronteggiare. A fine agosto sono stati trovati i corpi senza vita di settantuno persone, di cittadinanza siriana. Si trovavano dentro il cassone di un tir abbandonato, in Austria, e sono morti per soffocamento. Sempre a fine agosto, ha drammaticamente campeggiato sulle prime pagine di tutti i quotidiani europei la tragica fotografia di un bambino siriano, riverso senza vita su una spiaggia turca. Sono solo due episodi che ci ricordano uno dei maggiori problemi – i viaggi pericolosi – che queste persone affrontano per provare a far valere quel diritto all’asilo di cui ha parlato la Cancelliera tedesca. E su cui si deve vegliare: perché, proclami a parte, le mosse dell’Unione Europea e dei paesi membri sono tutt’altro che chiare.
“L’apertura delle frontiere è un’eccezione, rispetteremo gli obblighi europei e di Dublino”, ha sottolineato il portavoce della Cancelliera, specificando che la scelta messa di Vienna e Berlino è temporanea, e finalizzata a risolvere “l’acuta emergenza”. Non solo: Germania e Austria hanno aperto le loro frontiere ai cittadini siriani. Ma l’emergenza siriana non è, purtroppo, l’unica sullo scenario internazionale: come ci si comporterà con le persone provenienti da altri paesi in crisi? Infine: il diritto di asilo, per definizione, si applica a chi fugge da una situazione di pericolo personale all’interno del proprio paese, come sancisce la Convezione di Ginevra. Un concetto che sembra decisamente sfumato all’interno dell’attuale “situazione emergenziale”: non sono infatti chiari i criteri di ammissione ed esclusione previsti dai paesi membri per permettere l’accesso alla protezione. Stando alle parole di Angela Merkel, ai cittadini provenienti dai paesi balcanici questa possibilità sembra preclusa: la Cancelliera ha sollecitato l’Unione europea a classificare i paesi dei Balcani occidentali -Albania, Serbia, Kosovo, Bosnia – come “sicuri”. Anche la Turchia, secondo la Commissione europea, potrebbe essere annoverata tra i “paesi sicuri”. Un’etichetta che permetterebbe il rimpatrio immediato delle persone provenienti da questi paesi, come sottolineato dalla stessa Merkel: “Le persone che non hanno necessità di protezione dovranno tornare indietro”. Ma questa semplificazione potrebbe pesare molto sulla pelle di tante persone, provenienti forse da paesi giudicati sicuri, ma interessati personalmente da storie di persecuzione, magari perché appartenenti a una minoranza.
Per quanto riguarda l’accoglienza, la Commissione europea sta mettendo a punto un piano per la redistribuzione di 120mila richiedenti asilo, una quota maggiore rispetto a quanto previsto dalla strategia presentata a luglio. La Commissione vorrebbe ricollocare la maggior parte dei profughi in Germania -31mila persone- e Francia – 24mila. Ed è forse proprio per questo che i due paesi hanno sollecitato un vertice straordinario del Consiglio ministeriale di Giustizia e Interni, previsto per il 14 settembre prossimo a Bruxelles, durante i quali Parigi e Berlino insisteranno su una redistribuzione obbligatoria – e non su base volontaria – dei profughi tra i paesi membri.
Un aspetto su cui, esattamente come negli scorsi mesi, non tutti i paesi sono d’accordo: Ungheria, Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca hanno già specificato che “ogni proposta che porti all’introduzione di quote obbligatorie e permanenti su misure di solidarietà sarebbe inaccettabile”. Il premier britannico David Cameron ha invece annunciato che la Gran Bretagna accoglierà in cinque anni 20mila profughi siriani, ma solo provenienti dai campi profughi dell’Onu presenti in Medio Oriente, escludendo dunque le migliaia di persone entrate in Europa negli ultimi mesi. Per superare l’out out espresso da molti paesi, la Commissione sta valutando l’introduzione di una sanzione corrispondente allo 0,002% del Pil per gli stati membri che rifiutino le quote di redistribuzione.
Per avere informazioni più chiare si dovrà aspettare il Consiglio del 14: che, comunque, verterà non sulla protezione, ma sulle politiche di rimpatrio, come si legge nella nota del Consiglio. Politiche per cui si prevede un rafforzamento del ruolo di Frontex e un’accelerazione nella creazione dei cosiddetti hotspot, i centri per l’identificazione dei migranti nei paesi di primo ingresso, ossia Italia e Grecia: un punto, questo, sui cui Berlino e Parigi premono particolarmente.
Se è vero che alcuni paesi hanno compiuto dei passi importanti apportando delle modifiche sostanziali, non si può negare che la situazione è ben lontana dall’essere risolta. Di fronte a questa confusione politica, spicca l’accoglienza “dal basso”, che si moltiplica di paese in paese, dalla Germania all’Austria, dalla Francia all‘Italia, all’Ungheria.
E’ l’accoglienza delle persone che, di fronte ad altre persone in stato di necessità, rispondono in modo reattivo, coeso e solidale.