La Rete Solidale Pordenone ha indirizzato una lettera aperta alle redazioni dei due quotidiani locali, Il Gazzettino e il Messaggero Veneto. Nell’appello, le associazioni chiedono che, attraverso una divulgazione a mezzo stampa, si discuta sulle modalità di realizzazione dell’accoglienza dei migranti al fine di giungere ad un impegno concreto da parte dei Comuni, specie quelli che saranno coinvolti nel prossimo ballottaggio. Si chiede l’applicazione della legge, con particolare riferimento all’art. 1 comma 2 del Dlgs 142/2015, e che si faccia accoglienza, se pur provvisoria, organizzando servizi di conoscenza linguistica e territoriale nonché programmi d’impegno civico. Vi chiediamo di sottoscrivere (qui il link) e far circolare questo appello.
La “questione” dei richiedenti asilo/profughi rimane attualissima e diventa così uno dei temi centrali nel dibattito sul ballottaggio per l’elezione del Sindaco, a Pordenone come a Cordenons e S. Vito. L’argomento riguarda soprattutto l’accoglienza o meglio la NON accoglienza di varie decine di persone che, in questo momento, da giorni vagano in varie zone senza ricevere alcuna, neppur provvisoria, risposta a questa prima esigenza. Anzi assistiamo ad alcune odiose ed intollerabili non/risposte degli organismi comunali come la chiusura dei bagni pubblici in un parco pubblico o il sequestro, sottrazione di loro coperte, quasi una sorta di furto, con disagi che si estendono a tutta la collettività.
Nei confronti di questi esseri umani, perché tali sono, si sono spesso alzati i muri dell’indifferenza o peggio della discriminazione e del razzismo. Si è invocata la legge per chiederne la non accoglienza e l’espulsione definendoli con disprezzo “clandestini”, anche se non sono mancate tante dimostrazioni di generosità e disponibilità da parte di cittadini.
Sembrerà una provocazione, ma quello che Rete Solidale, Associazioni Immigrati, volontari di alcune parrocchie cittadine e Humanitarian Mission in Europe chiediamo costantemente da lunghi mesi è “semplicemente” la piena applicazione della Legge. Il decreto legislativo 142/2015, norma nazionale in applicazione di direttive europee, prescrive, già all’articolo 1, che “le misure di accoglienza si applicano dal momento della manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale”. Quindi, se non esistono particolari e gravi cause ostative, nei confronti di coloro che si recano ai posti di polizia notificando generalità e richiesta di protezione tale ospitalità, anche minima, è DOVUTA! In realtà capita, anche da noi come altrove, che si aspetti “per strada” giorni e settimane, anche con tempo avverso, prima di entrare nei progetti.
La stessa norma assegna allo Stato, tramite i suoi organismi locali, le modalità di identificazione e controllo nonché l’esame delle richieste di asilo (casomai le autorità locali possono chiedere tempi più celeri e assegnazioni di maggiori unità per tali funzioni). Ai Comuni la legge assegna un compito primario di supporto allo Stato sia nell’attivazione dei “progetti” di accoglienza/formazione/impegno civico sia nell’attivazione di centri di prima accoglienza che può essere affidata a comuni singoli o associati (art. 9).
Detto questo, è così impossibile/ insolito chiedere un impegno affinchè anche sul nostro territorio si applichi pienamente la legge al riguardo? Possono terminare le azioni, stupide, messe in atto da funzionari pubblici (sotto quali direttive e con quale legittimità?) che, invece, tendono ad esasperare una situazione difficile sottraendo coperte e indumenti o impendendo l’accesso ai bagni pubblici, con effetti facilmente immaginabili?
Chiedere ad associazioni e cittadini di offrire collaborazione e partecipazione ad azioni/iniziative di supporto predisposte dalle amministrazioni pubbliche in tal senso è così irrealizzabile come affermato, proprio mentre invece spontaneamente è più volte accaduto? Chiedere ed organizzare servizi, anche nelle forme sopra indicate, di conoscenza linguistica e territoriale nonché programmi d’impegno civico come fatto in altri piccoli Comuni della nostra provincia (anche di diverso orientamento politico) è davvero un’impresa impossibile per le prossime Amministrazioni di Pordenone, Cordenons e San Vito?
Ci piacerebbe che sulle pagine dei vostri giornali, dentro i dibattiti che vorrete organizzare o a cui parteciperete ci fossero queste semplici, chiare domande e non solo ripetitive affermazioni su pericoli e rischi, reali o semplicemente percepiti, di questa presenza che non è un’eccezione, ma sarà per cause sociali, economiche e geopolitiche una costante anche nel prossimo futuro.
È inammissibile e insensato chiedere una risposta e un impegno ?
Infine, la richiesta di un centro di primissima accoglienza che accolga provvisoriamente chiunque, italiano o straniero, si ritrovi a vivere per strada è così fuori luogo?