Nella notte del 19 agosto, a Lignano Sabbiadoro, due coniugi, Rosetta Sostero, 65 anni e Paolo Burgato, 69, sono stati uccisi nella loro villa. Che si sia trattato di un delitto orribile, le cronache locali e nazionali non lasciano alcun dubbio. Quello che però non convince è l’accanimento che emerge in alcuni articoli nel voler rintracciare a tutti i costi una “pista etnica”, prima ancora che vi sia una qualche indicazione sicura da parte degli inquirenti. Così in diversi casi, ci si concentra sulle cosiddette “bande di stranieri”. Dopo aver consultato diverse testate on line, ci siamo resi conto che la “vulgata” della pista straniera e per giunta, diremmo, anche sessista (poi vedremo perché) è presente in diversi articoli. Vediamo come.
Un “illuminante” articolo de Il Piccolo (Lignano, un supertestimone ha visto gli assassini, del 22/8/20012), comincia, dopo alcuni giorni confusionari di ipotesi e smentite, ad elaborare una propria tesi: “Da un lato, infatti, ci sono quei tagli alla gola (chiamati sorriso di Allah), tipiche delle esecuzioni che avvengono nel mondo islamico. Dall’altro un modus operandi in generale che fa pensare a formazioni criminali di estrazione balcanica o dell’Est Europa” (stesse parole riprese anche da “Il Messaggero Veneto”, nello stesso giorno). Il Piccolo ritorna sull’argomento il 25/8/2012 (Lignano, anche una donna nella banda omicida. Secondo gli inquirenti l’ordine lasciato nella villetta dei Burgato farebbe pensare a una presenza femminile all’interno del commando), dove all’ipotesi “etnica” si aggiunge quella “sessista” (vedi il titolo!): “Le persone che stanno dando a quest’indagine un respiro molto ampio che, naturalmente, guarda anche Oltreconfine visto che al momento una delle ipotesi più accreditate è che il massacro porti la firma di una certa criminalità balcanica”. E ancora (Lignano, prelievi di saliva per arrivare ai killer, del 26/8/2012): “Si sonda nel giro delle bande di ladri e di rapinatori che, provenienti da Paesi dell’Europa dell’Est, fanno base nella regione veneta, da dove poi si spostano per compiere reati in zone limitrofe e tornare in regione. Una delle ipotesi, la matrice balcanica, tenuta già in considerazione, valutando le modalità e l’estrema violenza del duplice fatto di sangue, facendo pensare alla totale mancanza di scrupoli e del benché minimo rispetto per la vita umana”.
La stessa tesi è ripresa dal quotidiano.net in due articoli: uno pubblicato il 26/8/2012 (Coniugi uccisi a Lignano, tracce di due estranei nel garage della villetta), dove si precisa che “due testimoni avrebbero visto un furgone con targa di un paese dell’Est parcheggiato davanti alla villetta con accanto un uomo alto, tatuato, a torso nudo, con indosso pantaloni militari e con accento dell’Est”; e l’altro pubblicato il 27/8/2012 (Delitto di Lignano, coniugi torturati: ad agire furono un uomo e una donna): “Sono stati infatti isolati due diversi tipi di dna: uno maschile e uno femminile. Si rafforza, intanto, l’ipotesi che i materiali esecutori possano essere di origine balcanica. Con i risultati del Dna, prende dunque forza l’ipotesi della presenza anche di una donna nella villetta. Elemento che gli investigatori ricavano dall’aver trovato uno ‘strano’ ordine nelle stanze”.
Anche il quotidiano “La Repubblica”, nell’articolo del 28/8/2012, non è da meno (Lignano, una donna tra gli aguzzini della coppia): “La borsa della signora Rosetta era chiusa ma forse, anche in questo caso, qualcuno ci ha rovistato dentro e poi si è preoccupato di richiuderla o l’ha richiusa nel gesto automatico che spesso capita alle donne (…) Qualcuno ha visto un uomo robusto, coi capelli rasati, che si lavava le mani in strada, mentre vengono smentiti altri elementi come i tatuaggi, la tuta mimetica, gli anfibi, la parlata slava (…)” E tuttavia l’articolo prosegue “Una tortura imposta dai malviventi – forse già in fuga verso i vicini Balcani – per scoprire il nascondiglio del tesoro di famiglia”.
Anche “Il Secolo XIX”, il 2/9/2012 commenta la notizia (Giallo di Lignano, indagini su un circo), raccontando di una nuova “pista”, ovvero quella dei circensi passati in città per uno spettacolo in programma nella data del delitto: “Secondo gli investigatori gli assassini potrebbero essere di origine balcanica, e tra i lavoratori del circo non mancano quelli di origine slava. «Un semplice controllo, e tutti i prelievi sono stati spontanei», sottolineano gli investigatori. «I carabinieri in borghese – riprende il suo racconto Attilio Bellucci – si sono messi tutti attorno alle roulotte, mentre quelli in divisa ci hanno chiesto di uscire e di riunirci. Hanno prelevato a tutti, tranne i bambini, le impronte e il Dna: sono stati gentili e abbiamo collaborato. Poi hanno controllato ogni roulotte, senza portare via nulla. Non avevano sospetti su qualcuno in particolare, ci hanno solo chiesto se avevamo un furgone di un certo modello e colore, e noi non l’abbiamo».
Potremmo proseguire riportando altri esempi, ma ci sembra che questi possano bastare per invitare, ancora una volta, la stampa a prestare una maggiore attenzione. Ci sembra infatti che gli articoli sopra citati sconfinino pericolosamente nella stigmatizzazione delle persone che appartengono o provengono a/da una intera area geografica, alle quali viene attribuita una propensione alla devianza, a prescindere. Come d’altronde, sembra assurda l’associazione tra il coinvolgimento di una donna nell’omicidio e “l’ordine” che avrebbe contraddistinto il luogo del delitto.