Seguendo il ciclo delle stagioni, con l’arrivo del bel tempo e del mare calmo aumentano gli sbarchi. E’ una situazione che si ripete, proprio come le stagioni, ma nonostante questo sui giornali nazionali si torna a parlare di “nuova emergenza immigrazione”. Una emergenza che ormai va avanti da anni, e che quindi dovrebbe essere conosciuta, gestita. Invece così non è, e le conseguenze di questi ultimi sbarchi lo evidenziano bene.
Nell’ultimo fine settimana, sono arrivate sulle coste siciliane e calabresi circa mille persone, prevalentemente dal Nord Africa, Libia e Tunisia in testa. Sono soprattutto eritrei, egiziani e tunisini.
L’ultima notizia è relativa all’arrivo di un gruppo di 95 persone, prevalentemente eritree, soccorse dalla Guardia Costiera nel Canale di Sicilia. Il gommone su cui viaggiavano era andato in avaria, e loro erano aggrappati a una rete per l’allevamento di tonni, a 85 miglia a sud di Malta. Secondo quanto riportato dai migranti, sette loro compagni sarebbero morti annegati, mentre cercavano di aggrapparsi alla gabbia trainata da un motopesca tunisino. I superstiti affermano che i sette migranti sarebbero finiti in mare dopo che l’equipaggio del motopesca ha tagliato il cavo che trainava la gabbia. Alcuni avrebbero anche tentato di salire sul peschereccio, ma sarebbero stati respinti con la forza.
L’ennesima tragedia. Il Mediterraneo si trasforma, ogni giorno sempre di più, in un cimitero.
E nel frattempo, la situazione a Lampedusa si fa più tesa. Il centro d’accoglienza, con capienza di 300 posti, ospita ora più di 500 persone.
“Spero che il ministro Alfano tenga fede agli impegni presi e che entro 48 ore riattivi i collegamenti aerei per trasferire gli immigrati”, ha dichiarato il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, che ha sottolineato di non nutrire preoccupazione per i nuovi sbarchi, ma solo tristezza per le nuove vittime. Per ora sono state trasferite solo 50 persone a Porto Empedocle, da dove poi verranno portate in altri centri, tra cui quello di Mineo. Dove, venerdì scorso, è scoppiata una rivolta portata avanti da un gruppo di Maliani, complice il sovraffollamento ormai strutturale e i ritardi nel rilascio dei permessi di soggiorno.
Le persone continueranno ad arrivare, e si continuerà a parlare di “nuova emergenza”, o addirittura di “nuova invasione”, come ha fatto il leader della Lega Nord e presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni rivolgendosi alla stampa.
Ma un’emergenza, per sua natura, è una situazione imprevista e allarmante. Questa non è un’emergenza: ogni anno questa situazione si ripete, portandosi dietro il suo carico di morte, sofferenza, tensione e conflittualità.
L’emergenza, lo ripetiamo da tempo, è un’altra: i centri sono al collasso, il sistema di accoglienza è frammentato, le politiche di contrasto all’immigrazione irregolare sono, evidentemente, poco efficaci, e quindi inutilmente dispendiose, la normativa riferita all’ingresso delle persone in Italia è completamente slegata dalla realtà e continuerà a costringere, se non modificata, le persone che vogliono raggiungere l’Europa a indebitarsi e a consegnare il loro futuro a mezzi di fortuna.
Non chiamiamola emergenza. Questo è il risultato di una politica di governo sugli ingressi e sul soggiorno sbagliata.