“L’Italia sta facendo la propria parte, ma in termini di solidarietà da parte di troppi paesi non ho visto altrettanto impegno”, ha dichiarato il presidente del Consiglio Matteo Renzi in riferimento al rifiuto di diversi Stati membri di accogliere la quota loro assegnata di rifugiati provenienti da Italia e Grecia, attuando la decisione Ue sui cosiddetti “ricollocamenti“. Durante la discussione sull’immigrazione fra i capi di Stato e di governo dell’Ue, al Consiglio europeo a Bruxelles, tenutosi ieri, si è parlato di “rinforzare il controllo delle frontiere esterne” e di applicazione del modello di “esternalizzazione” all’Africa. Qui di seguito il comunicato stampa dell’Arci che analizza le conclusioni del Consiglio.
Il Consiglio Europeo, riunitosi ieri 20 ottobre, ha affrontato come primo punto all’ordine di giorno quello dell’immigrazione in Europa. L’analisi dei dati sugli arrivi nel Mediterraneo Centrale (145mila migranti) e nel Mediterraneo Orientale (quasi 169mila migranti) – in cui non si tiene conto del dato principale, e cioè degli oltre 4000 morti in mare – spinge gli Stati Membri a dare risposte unicamente securitarie puntando a due misure prioritarie.
La prima é quella che prevede di rinforzare il controllo delle frontiere esterne, senza porsi il problema dell’ingresso dei richiedenti asilo, né di come i migranti siano così costretti a cercare nuove rotte, sempre più insicure. Ancora una volta non si è discusso dell’introduzione di vie d’acceso legali e sicure per chi scappa in cerca di protezione verso l’UE. La seconda invece é strettamente legata alla politica di esternalizzazione: investimenti privati e fondi allo sviluppo che dovrebbero convincere gli stati Africani a collaborare per bloccare le partenze e facilitare i rimpatri. Il modello ‘Turchia’ di esternalizzazione applicato all’Africa.
In una nota del Consiglio il Presidente Tusk individua i 5 paesi prioritari per l’erogazione di questi fondi: Niger, Mali, Senegal, Nigeria ed Etiopia. Paesi con equilibri instabili, attraversati da conflitti, che saranno ulteriormente destabilizzati da questa elargizione irrazionale di fondi. Paesi che dovranno ‘vendere’ i propri concittadini in nome della collaborazione con l’Europa.
Queste politiche rispondono anche agli interessi elettorali degli Stati Membri. I compact infatti prevedono un meccanismo di moltiplicazione dei fondi grazie agli investimenti di imprese europee nel mercato africano con i fondi di garanzia europei. Si capisce perché l’Italia è doppiamente interessata a difendere questo modello, non solo si agisce nei paese di provenienza dei migranti che giungono sulle nostre coste, ma si apre anche alle imprese italiane un nuovo mercato. Poco importa se il prezzo di questi interessi sono le vite di migliaia di uomini, donne e bambini in fuga. Poco importa se l’Etiopia sta compiendo in questi giorni un vero e proprio massacro di una parte minoritaria della sua popolazione, gli Oromo, e che la Nigeria non riesce a gestire una situazione caratterizzata da insicurezza e terrorismo e che è causa di così numerose partenze che fanno dei nigeriani la prima popolazione che arriva sulle nostre coste.
Roma, 21 ottobre 2016