L’uccisione di George Floyd, avvenuta per mano di 4 poliziotti lo scorso 25 maggio a Minneapolis (USA), ha scatenato un’ondata di proteste e manifestazioni contro l’odio razzista, sulla scia del movimento Black Lives Matter, non solo negli Stati Uniti manel mondo intero. L’assassinio del 47enne afroamericano è stato, purtroppo, solo l’ennesimo caso di razzismo e di abuso di potere da parte della polizia statunitense, eppure questa vicenda ha avuto una risonanza mediatica enorme facendo emergere quanto il problema della xenofobia sia tristemente ancora attuale, non solo oltreoceano ma in tutto l’Occidente.
In queste ultime settimane attivisti, politici, giornalisti ma anche personaggi dello showbiz più o meno noti si sono esposti sui social network mostrando la propria solidarietà e il proprio sostegno nei confronti delle minoranze discriminate e cercando di sensibilizzare i propri followers sul tema del razzismo, condividendo sui loro profili social petizioni, campagne e materiale educativo. Nell’epoca contemporanea l’utilizzo consapevole delle piattaforme online acquista una sempre maggiore importanza quando si parla di tematiche sociali. È di fondamentale importanza saper gestire in maniera adeguata e socialmente utile gli strumenti digitali che abbiamo a disposizione, soprattutto perché, ahinoi, spesso assistiamo a violenti commenti online da parte di chi sceglie di nascondersi troppo facilmente dietro lo schermo di un pc o di uno smartphone.
Anche Marck Zuckemberg, fondatore e amministratore delegato di Facebook, ha deciso di contribuire alla causa (dopo diverse polemiche e uno sciopero dei propri dipendenti per non aver oscurato il post del Presidente statunitense Trump “quando inizia il saccheggio, inizia la sparatoria”, un chiaro incitamento alla violenza) istaurando delle nuove linee guida da seguire nei gruppi del famoso social network affinché si possa parlare in maniera costruttiva di antirazzismo e di altre tematiche sociali.
Le nuove regole da seguire (“Navigating Your Community Through Race and Social Issues”) sono state rese note lo scorso 5 giugno (qui il link per la lista completa) e sono state concepite come un punto di partenza soprattutto per gli amministratori di quei gruppi creati originariamente su una tematica non legata a questioni sociali. Il primo step è educarsi, informarsi, fare ricerche sul tema prima di intavolare una discussione. È necessario anche che il gruppo sia il più eterogeneo possibile per dare voce alle comunità coinvolte favorendo l’inclusione e affinché il confronto possa essere intrapreso da diversi punti di vista. Altro passaggio fondamentale: individuare dei moderatori e stabilire regole basate sul rispetto dell’altro (facendo attenzione al linguaggio utilizzato e inserendo keyword alerts, uno strumento che avvisa quando in un post o in un commento vengono utilizzate le parole inserite nella “lista nera” dei termini considerati offensivi o che incitano alla violenza o all’odio) e una lista di contenuti e argomenti non consentiti (spiegandone il motivo) cosicché i membri del gruppo siano consapevoli di cosa possano o non possano postare e qualora non dovessero rispettare queste indicazioni bannarli o eliminarli dal gruppo. Queste le linee guida generali.
L’hate speech, anche quello online, come più volte abbiamo denunciato sul nostro sito, contribuisce a fomentare un pericoloso clima di intolleranza nei confronti del bersaglio di turno. Stabilire delle regole e fornire indicazioni chiare e precise agli utenti dei social network può essere un passo importante per contrastare un linguaggio che può far male tanto quanto la violenza fisica.