Nel 2013 era quella umanitaria, oggi è quella sanitaria.
Il frame dell’emergenza connota l’informazione sulle migrazioni. Anche nel 2020, nell’anno in cui un nuovo e inaspettato “nemico”, il Covid-19, ha sostituito quello privilegiato negli ultimi anni dall’immaginario collettivo costruito a colpi di propaganda politica contro i migranti, di titoli e lessici allarmistici e stigmatizzanti e ancor più di twitt e post social violenti.
Notizie di transito, il nuovo rapporto dell’associazione Carta di Roma, presentato online qualche giorno fa, analizza le modalità con le quali il mondo dell’informazione si è confrontato con le migrazioni nei primi dieci mesi del 2020, segnalando continuità e discontinuità con gli anni precedenti.
Il quadro che ne deriva appare, come suggerisce il titolo, in movimento.
Meno attenzione alle migrazioni rispetto agli anni precedenti
Il dato più evidente e di cesura rispetto al passato è il calo dell’attenzione mediatica alle migrazioni: secondo l’Osservatorio di Pavia, che cura il rapporto, nel 2020 sono 834 le notizie dedicate alle migrazioni sulle prime pagine di 6 quotidiani nazionali, con una riduzione del 34% rispetto al 2019.
“I due quotidiani che hanno dedicato più titoli al tema immigrazione nel periodo 2015-2020 sono Avvenire e Il Giornale, due testate che confermano, con tagli divergenti, un interesse spiccato per il tema. Nel 2020, Avvenire rimane il quotidiano con più notizie (291), seguono La Stampa (129), La Repubblica (117), Il Giornale (116), il Corriere della Sera (91) e Il Fatto Quotidiano (90)”, si legge nel rapporto.
Ancora più evidente il crollo della visibilità del fenomeno migratorio nei telegiornali di prima serata: sono 2012 le notizie dedicate all’immigrazione, circa la metà rispetto al 2019.
Questi i dati complessivi.
L’analisi diacronica e qualitativa mostra però altri dettagli interessanti.
Gli arrivi continuano a fare notizia, ma l’informazione è meno polarizzata
Nonostante il numero contenuto dei migranti giunti nel nostro paese nel corso dell’anno,
il 53% delle notizie di prima pagina e il 37% delle notizie dei Tg dedicate alle migrazioni si occupano dei “flussi migratori”. Da questo punto di vista, purtroppo, niente di nuovo.
Spicca invece la diminuzione dell’attenzione dedicata al mondo dell’accoglienza: se ne occupano il 10% delle prime pagine e solo il 4% dei telegiornali di prima serata monitorati.
L’informazione sul tema si mostra meno polarizzata rispetto al passato anche perché la politica, costretta ad occuparsi di “emergenze” molto più reali, ne ha discusso di meno. Sono solo il 19% i titoli di prima pagina sul tema che si riferiscono alla politica nazionale e internazionale, anche se queste attraversano ancora una buona parte delle notizie dei telegiornali sul tema (38%).
I contenuti e l’universo lessicale
L’analisi delle corrispondenze lessicali, svolta su 6.402 titoli su migrazioni e migranti pubblicati su 108 testate, evidenzia come principali sfere concettuali quelle legate all’accoglienza, al lavoro, alla politica e all’allarme che raccoglie da solo il 53% dei lemmi considerati. Scompare per la prima volta come nucleo semantico autonomo quello della criminalità, ma viene in gran parte sostituito con un’altra cornice avversa, quella dell’allarme sanitario per il Covid-19 centrato sull’associazione tra immigrazione e aumento del rischio del contagio, presente nel 13% dei titoli analizzati. “Chi arriva dal mare prima era solo clandestino, adesso è un clandestino infetto, untore. Il Covid-19, nel linguaggio giornalistico, ha fagocitato il tema migrazioni e lo ha trasformato a sua immagine, senza alterarne il valore negativo”, scrive il Presidente di Carta di Roma Valerio Cataldi, nel rapporto. Ciò accade, come ha ricordato il direttore dell’Unar Triantafillos Loukarelis, nonostante solo il 2% dei migranti accolti sia risultato positivo al virus con l’unico fine di “distrarre l’opinione pubblica dai problemi reali, depistandone l’attenzione”.
Anche nel 2020, ben 96 titoli di carta stampata ripropongono l’uso della parola “clandestino”.
I social sono divisivi perché confermano le nostre bolle identitarie
Una sezione del rapporto analizza come il binomio immigrazione-coronavirus è stato presente nei post pubblicati da un campione di 18 media e nelle pagine di alcuni giornalisti di ampio seguito.
Facebook, utilizzato secondo il Censis come fonte di informazione dal 31,4% degli italiani, favorisce una comunicazione più legata alla cronaca, meno riflessiva e dunque più emergenziale. Le dichiarazioni politiche l’attraversano associando il rischio della pandemia ai migranti, utilizzando un linguaggio allarmistico, funzionale alla creazione di un clima di manaccia e di paura. Difficile intervenire con “contronarrazioni” che risultano più efficaci, secondo i curatori del rapporto, se accompagnate dalle voci di esperti e da dati.
La polarizzazione è ancora più accentuata su Twitter dove la contrapposizione tra italiani e stranieri e la diffusione di informazioni vaghe e o false contribuisce a creare una “retorica dell’altro” ostile.
“I social sono un enorme bar”, ha ricordato Giulio Cavalli nel corso della presentazione. “Le grandi aziende cercano di proporci la conferma delle nostre bolle identitarie. Ma ciò alimenta lo scontro e la costruzione di una realtà endogamica”.
Dovremmo, ha aggiunto Cavalli, cercare di utilizzare i social come spazio di approfondimento per restituire umanità alle persone.
Dunque, “gli immigrati sono un po’ meno stranieri”?
Tra gli elementi di triste continuità con gli anni precedenti, vi è la scarsa visibilità dei migranti nel mondo dell’informazione: sono presenti solo nel 7% dei servizi televisivi dedicati all’immigrazione. Eppure, ha ricordato Carlotta Sami, portavoce dell’UNHCR per il Sud Europa, nel corso della presentazione, “è importante raccogliere storie, reali anche se non sempre positive, per ascoltarle dai diretti interessati dando loro voce”.
Secondo Ilvo Diamanti, che ha scritto l’introduzione del rapporto ed è intervenuto nell’evento di presentazione online, la pandemia ha però segnato un’importante cesura rispetto al passato: “La retorica dell’assedio quest’anno non funziona”, (anche perché non si vota).
“L’aspetto più evidente di quest’anno è che noi ci troviamo a valutare che l’evidenza dei titoli (dedicati alle migrazioni, ndr.) crolla in alcuni momenti e sale in altri. Quest’anno crollano perché sale un altro straniero che è il virus. Riprendono solo in estate perché pensiamo che se ne sia andato.” “Tutto ciò ci dice”, conclude il sociologo, “che senza paura non riusciamo a vivere, in particolare il mondo della comunicazione”, ma “ci racconta anche che è giunto il momento di voltare pagina: abbiamo altri problemi di cui occuparci che fanno più notizia”. E gli italiani sembrano esserne più consapevoli.
Se quelle di quest’anno sono destinate a restare Notizie di transito potremo vederlo solo in futuro, ci ha ricordato Paola Barretta, coordinatrice di Carta di Roma.
Intanto, la particolarità del momento potrebbe aiutarci ad abbandonare il racconto tossico e divisivo delle migrazioni per concentrare l’attenzione sulla realtà e sulla storia delle persone migranti: quelle che arrivano oggi, e quelle che vivono nel nostro paese da molti anni: una parte rimossa del Belpaese, per lo più dimenticata dai grandi mezzi di informazione.
Il rapporto Notizie di transito è disponibile sul sito di Carta di Roma qui: https://www.cartadiroma.org/wp-content/uploads/2020/12/Notizie-di-transito.pdf