La nuova presidente della Camera dei deputati è Laura Boldrini, ex portavoce dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite.
La terza donna, in 17 legislature, a ricoprire questo ruolo, dopo Nilde Iotti (dal 1979 al 1992 ) e Irene Pivetti (1994).
Il suo discorso di insediamento, conciso e diretto, è pieno di messaggi che da tempo non venivano trasmessi in modo così vibrante e convinto. Oppure non venivano trasmessi e basta.
Colpisce, del discorso di Boldrini, l’attenzione alla realtà e al tempo stesso la sua capacità di restituire autorevolezza a un’istituzione che negli ultimi anni ne ha persa molta. Certo, è significativo che ci si stupisca – positivamente -. E’ indice che davvero non si è più abituati a un mondo politico attento al presente.
Ed è una cosa che Boldrini non nasconde, sottolineando invece le responsabilità della politica, consapevole che occorre guardare in faccia la realtà, anche e soprattutto con le sue storture e difficoltà, per fare bene.
Nello stesso tempo, non trapela una sorta di colpevolizzazione verso questa o quella parte. C’è solo, appunto, senso di realtà e voglia di fare bene. Insieme. Con una base: “la nostra Costituzione, la più bella del mondo”.
E l’attenzione alla Costituzione non si ferma alla carta: Boldrini sottolinea l’importanza dei diritti, scritti in Parlamento ma “costruiti fuori da qui, liberando l’Italia e gli italiani dal fascismo. Ricordiamo il sacrificio di chi è morto per le istituzioni e per questa democrazia”. Un sacrificio che dovrebbe essere raccolto dalla politica e dalla Camera stessa, la cui responsabilità verso i diritti, costruiti a questo prezzo, “si misura anche nella capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno”. Nella stessa ottica vengono ricordate le vittime di mafia: “Al loro sacrificio ciascuno di noi e questo Paese devono molto”. Così come “molto dobbiamo anche al sacrificio di Aldo Moro e della sua scorta, che ricordiamo con commozione oggi, nel giorno in cui cade l’anniversario del loro assassinio”.
E’ quindi un’attenzione verso la storia dell’Italia, verso chi, come tutte le persone che hanno combattuto il fascismo, e quelle che si sono contrapposte alle organizzazioni mafiose, ha creduto, davvero fino alla morte, in una società diversa e migliore.
Ma Boldrini, nel suo discorso, non si ancora in maniera rigida al passato, anzi lo intreccia con il presente: un presente fatto di migranti, giovani che conoscono il lavoro esclusivamente sotto forma di precariato, pensionati che fanno fatica ad arrivare a fine mese, esodati, cassaintegrati, detenuti, donne che subiscono violenza ogni giorno.
Insomma, la società vera. Quella che è in crisi. In crisi economica, ma anche in crisi sociale. Che non si sente rappresentata. E che, in questo discorso, finalmente emerge. Senza retorica. Senza giri di parole. E dalla bocca di una donna che queste realtà le ha conosciute direttamente, non ne ha ascoltato solo i racconti.
“Arrivo a questo incarico dopo avere trascorso tanti anni a difendere e a rappresentare i diritti degli ultimi, in Italia come in molte periferie del mondo. È un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera. Farò in modo che questa istituzione sia anche il luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno”, afferma Boldrini.
Colpisce positivamente la frase: “Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri”. E’ una frase breve, semplice. Ma importante ed evocativa. E’ difficile non farsi venire in mente la varie lotte, da destra a sinistra, ai lavavetri ai semafori, per esempio. O gli sgomberi di famiglie che vivono – nella Repubblica italiana, nel 2013 – in vere e proprie baracche. O le manifestazioni di persone di 60 anni rimaste senza lavoro, represse dalle forze dell’ordine.
Boldrini non dimentica “l’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore”. Anche qui, una breve frase. Ma le parole non sono scelte a caso. Umiliazione. Violenza travestita da amore. Quante volte questo tema è stato portato alla ribalta, per identificare la violenza contro le donne con quelle perpetrate da parte di uomini che arrivano da altri paesi? Ammettere che la donna è vittima di violenza travestita da amore significa porre l’accento su un fenomeno purtroppo presente nella società e nelle famiglie italiane, trasversale rispetto a sfere economiche, sociali e geografiche. Porre la basi per riconoscere questa piaga sociale è il punto di partenza per combatterla.
Nel discorso della presidente della Camera ha spazio anche “chi è caduto senza trovare la forza o l’aiuto per rialzarsi”: sono “i detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante, come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo”.
Le responsabilità della politica non sono nascoste né eluse. E lo stesso si può dire per “la sofferenza sociale di una generazione che ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia”. Anche qua, senza andare troppo lontano nel tempo: difficile non pensare a come sono stati definiti i giovani italiani, “bamboccioni” o “choosy”, ma quasi mai “talenti”, “prigionieri della precarietà”.
L’attenzione è rivolta anche “a chi ha perso il lavoro o non lo ha mai trovato, a chi rischia di smarrire perfino l’ultimo sollievo della cassa integrazione, ai cosiddetti esodati, che nessuno di noi ha dimenticato, ai tanti imprenditori che costituiscono una risorsa essenziale per l’economia italiana e che oggi sono schiacciati dal peso della crisi, alle vittime del terremoto e a chi subisce ogni giorno gli effetti della scarsa cura del nostro territorio”.
E’ quindi un richiamo al senso di responsabilità quello che caratterizza questo discorso: “Scrolliamoci di dosso ogni indugio nel dare piena dignità alla nostra istituzione, che saprà riprendersi la centralità e la responsabilità del proprio ruolo. Facciamo di questa Camera la casa della buona politica, rendiamo il Parlamento e il nostro lavoro trasparenti, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani”. Trasparenza, sobrietà: ecco i termini della buona politica. Se ne sente davvero il bisogno, soprattutto visti i toni, sempre più aspri, che hanno caratterizzato negli ultimi anni il dibattito politico, fatto troppo spesso di aggressività e allarmismo, e troppo poco di responsabilità, ascolto e impegno.
Ha spazio anche l’Europa, nel discorso della nuova presidente, per cui viene citata anche la lungimirante visione di Altiero Spinelli: “Lavoriamo perché l’Europa torni ad essere un grande sogno, un crocevia di popoli e di culture, un approdo certo per i diritti delle persone, appunto un luogo della libertà, della fraternità e della pace”. A questo si lega anche l’attenzione “alle istituzioni internazionali, alle associazioni e alle organizzazioni delle Nazioni Unite”.
E’ uno sguardo che va al di là dell’Italia, non si chiude, anzi, si allarga, si apre.
E di estrema importanza è “il pensiero per i molti, troppi morti senza nome che il nostro Mediterraneo custodisce. Un mare che dovrà sempre più diventare un ponte verso altri luoghi, altre culture, altre religioni”. Le persone morte nel mare di Mezzo sono senza voce, addirittura senza nome. Ricordarle nel discorso di insediamento alla Camera è fondamentale per non omettere la realtà, porre le basi per responsabilizzarsi come società e come mondo politico.
“La politica deve tornare ad essere una speranza, un servizio, una passione”, afferma Boldrini. Da quanto non si sentivano questi termini, da quanto la politica non viene percepita come una passione e un servizio? Quanto dovrebbe essere normale ascoltare queste parole, e quanto poco invece lo è diventato? La stessa cosa per la “cura e umiltà” con cui Boldrini propone di farsi carico della “richiesta di cambiamento che alla politica oggi rivolgono tutti gli italiani, soprattutto i nostri figli”.
Un discorso da ascoltare integralmente sperando che sia solo l’inizio di un rinnovamento di lungo corso.
Ascolta il discorso: http://webtv.camera.it/portal/portal/default/Presidente/Dettaglio?IdEvento=5600