Lunedì scorso, 15 ottobre, nell’ambito della campagna LasciateCIEntrare, un’ampia delegazione ha visitato il Cie di Gradisca d’Isonzo (Gorizia). Tra gli altri, erano presenti un avvocato dell’associazione ASGI, i referenti della Tenda per la Pace ed i Diritti e della campagna LasciateCIEntrare, alcuni giornalisti della Rai del Friuli Venezia Giulia e di Rainwes 24, accompagnati nella visita dai responsabili della Cooperativa Connecting People, il consorzio che gestisce il Cie, e dai referenti della Prefettura di Gorizia e alcuni deputati.
Uno dei problemi rilevati all’interno del centro è la lentezza burocratica, come evidenziato da Cristina Visentin, sindaco di Mariano del Friuli, che ha preso parte alla delegazione. Molte persone si trovano nel Centro di Gradisca d’Isonzo da circa dieci mesi: un periodo che, nonostante sia legittimato dalla normativa, in cui si prevede la possibilità di trattenimento fino a 18 mesi, sembra essere davvero troppo lungo per svolgere una pratica di identificazione. Inoltre, diverse persone provengono da altri Cie, cosa che evidenzia la mancanza di efficacia di tale sistema ai fini dell’identificazione (e della esecuzione del provvedimento di espulsione). I tempi dilatati, sia delle procedure sia dei trattenimenti, sono un argomento su cui solo pochi giorni fa è intervenuto anche il relatore speciale dell’ONU, il quale, nel primo resoconto seguito alla sua visita in Italia, ha raccomandato all’esecutivo di semplificare le procedure e ridurre il tempo di trattenimento nei Cie.
Nel resoconto il relatore sottolinea la necessità di garantire il rispetto dei diritti umani nei centri di identificazione ed espulsione, assicurando l’accesso ad essi delle ONG e delle associazioni: una pratica necessaria al fine di monitorare le condizioni dei trattenuti e assicurare loro l’assistenza legale, come sottolinea Galadriel Ravelli, della Tenda per la Pace e i Diritti.
La carenza di assistenza e “servizi” viene segnalata anche da Gabriella Guido, della campagna LasciateCIEntrare: il consorzio gestore percepirebbe, per ogni persona trattenuta, 43 euro giornaliere, e in altri Cie la cifra scenderebbe fino ai 25 euro pro capite. Con somme simili, sembra difficile garantire standard di “vivibilità”, anche se, come sottolinea la Guido, “raccontare dati e numeri è disumano quanto lo è un sistema di detenzione amministrativa che va rivisto nel suo complesso”. Un sistema da “rivedere” o da smantellare?
In effetti, la visita al Cie di Gradisca d’Isonzo conferma quanto già espresso dal relatore speciale dell’ONU, che nel suo resoconto descrive i Cie come “luoghi di detenzione”: è sempre più urgente rivedere il sistema di trattenimento dei migranti, e prendere delle misure per tutelare i trattenuti, fermo restando che “questi Cie dovrebbero essere chiusi”, come afferma Ravelli. Gli fa eco Gabriella Guido: “L’Italia è un paese di frontiere ed è quanto mai indispensabile creare un sistema di identificazione ed accoglienza di cui non doversi vergognare”.