L’appuntamento è per il 25 luglio: giornalisti italiani e stranieri, parlamentari di numerose forze politiche, consiglieri regionali, sindacalisti, associazioni e attivisti della società civile saranno davanti ad alcuni CIE (Centri di identificazione) e CARA (Centri di accoglienza per richiedenti Asilo) per reclamare il diritto agli operatori dell’informazione di entrare in questi centri. L’iniziativa LasciateCIEntrare viene promossa per dire no al divieto, stabilito in una circolare del ministero dell’Interno, la n. 1305 emanata il 1 aprile 2011, con cui si nega ai cronisti la possibilità di accedere a questi centri. La manifestazione si svolgerà presso i centri dislocati a Roma, Bologna, Modena, Gradisca, Torino, Milano, Bari, Cagliari, Santa Maria Capua Vetere, Trapani, Catania, Lampedusa, Porto Empedocle. I Cie e i Cara “sono da tempo off-limits per l’informazione – dichiara una nota del comitato promotore composto da Fnsi, Ordine dei giornalisti, Art. 21, Asgi, Primo marzo, Open Society Foundation, European Alternatives e i parlamentari Jean Leonard Touadi, Rosa Villecco Calipari, Savino Pezzotta , Livia Turco, Fabio Granata, Giuseppe Giulietti, Furio Colombo, Francesco Pardi – luoghi interdetti alla società civile e in cui soltanto alcune organizzazioni umanitarie arbitrariamente scelte riescono ad entrare. Non potendo entrare, diviene legittimo pensare che in essi si determinino condizioni di vita inaccettabili e ripetute violazione dei diritti. Le poche fonti reperibili di notizie – prosegue la nota – diventano i video registrati da cellulari, dagli immigrati trattenuti nei centri, le lettere che riescono a partire dall’interno, le telefonate e le testimonianze rese da chi esce o fugge, e quanto arriva non è certo dimostrazione di trattamento rispettoso dei diritti umani. Il prolungamento votato nei giorni scorsi dal parlamento, che consente di trattenere le persone non identificate nei Cie fino a 18 mesi, aumenta il disagio e la sofferenza in cui si ritrovano persone che non hanno commesso alcun reato. Gravi lacune si registrano poi nell’esercizio del diritto alla difesa. A tale scopo – ribadisce il comitato promotore dell’iniziativa – chi opera nell’informazione ritiene fondamentale avere modo di poter far conoscere alla pubblica opinione quanto in questi luoghi avviene, le ragioni dei continui tentativi di fuga e rivolta, dell’aumento dei casi di autolesionismo che spesso sfociano nel tentativo di suicidio. L’informazione deve poterne parlare, la società ha il diritto di sapere. Così come migranti e i cittadini stranieri hanno il diritto di essere informati e assistiti dai legali, dalle associazioni e dai sindacati”.