Il Natale si avvicina. E’ il momento di riesumare le antiche “tradizioni” religiose di famiglia. Ed ecco puntuali, come ogni anno, arrivare le polemiche sul “presepe”. Quest’anno la faccenda è ancora più animata all’indomani della pubblicazione del documento di Papa Francesco in cui si torna a chiedere accoratamente di fare il presepe nelle scuole, nelle case, nei luoghi pubblici. Il Natale è un’occasione troppo ghiotta, oramai da anni, per i fomentatori d’odio che creano discussione ad arte su di un qualcosa che nulla ha a che vedere con il razzismo, ma che al contrario dovrebbe incoraggiare la diffusione della pace e della serenità, proprio in quanto simbolo per eccellenza del Natale. A cominciare dal leader della Lega (con la polemica relativa ai messaggi da parte della Madonna di Medjugorje, si legga qui), il quale si mostra scandalizzato ogni qual volta una scuola rinuncia a realizzare il presepe o a fare recite troppo connotate “religiosamente” come forma di rispetto verso il credo di altri bambini (si veda il caso clamoroso della fake news divulgata).
E cosi, in questi giorni prefestivi, è il mito delle tradizioni cristiane, cattoliche e apostoliche ad essere evocato dall’estrema destra e non (a giudicare dai titoli, Fratelli d’Italia sarebbe in prima linea in questa “battaglia”) a difesa di una presunta “identità nazionale e religiosa” da tutelare.
Oggi, definire il presepe un simbolo prettamente religioso oltre che esclusivamente cristiano sarebbe forse sbagliato, visto che è sempre più oggetto di ri-semantizzazioni e attualizzazioni, anche più laiche.
Eppure c’è ancora chi ne fa oggetto di una strenua difesa presentandolo come un simbolo, e quindi “essenza”, della tradizione e dell’“identità”. Come il Capo della Polizia, Franco Gabrielli, il quale, pochi giorni fa, mentre si trovava ad Asti per incontrare i sindaci ma anche per inaugurare la rotonda davanti alla questura, parlando di immigrazione e di “percezione della sicurezza” avrebbe dichiarato: “I sindaci sono presidio di identità specie nei piccoli comuni. Identità che si declina in termini di inclusività. Diffido da chi non fa fare i presepi o non appende simboli religiosi per non fare suscitare reazione; credo infatti che la salvaguardia dei valori e della propria identità coincida con la salvaguardia del territorio”. Dichiarazione di una certa gravità, passata in sordina.
Ma non è il solo. Sta facendo molto discutere anche la circolare diramata dall’assessore all’Istruzione del Piemonte (si veda qui), Elena Chiorino, di Fratelli d’Italia, alle scuole della Regione per chiedere di “valorizzare presepi e recite di Natale” e “tutelare e mantenere vive l’identità culturale e le tradizioni“. Accusata da più parti (su tutte si leggano le accuse di razzismo a lei rivolte da Tommaso Montanari), a prendere le difese della Chiorino è arrivato Mario Giordano, che sulle colonne de La Verità, scrive: “L’accostamento piuttosto ardito tra il presepe, il cotechino (con o senza lenticchie) e il razzismo si fonda sull’assunto che rivendicare la propria identità significa commettere un’inaudita violenza‘”. Giordano fa notare che nella proposta dell’assessore non c’è nessuna violenza contro i migranti, perché “un conto è obbligare uno straniero a fare il presepe per integrarsi, cosa che non sta nella testa di nessuno e un conto è chiedere alle scuole di difendere le proprie tradizioni perché da qui (e solo da qui) può partire una vera integrazione”.
E ancora. In Friuli Venezia Giulia una mozione del gruppo di Fratelli d’Italia, avrebbe impegnato la giunta a diffondere i presepi nelle scuole della regione «per tutto il periodo natalizio». La Regione Veneto avrebbe stanziato 50 mila euro per la realizzazione dei presepi in 178 istituti, e altrettanto avrebbe fatto la regione Lombardia. In Toscana (vedi a Grosseto) ed Emilia Romagna gli esponenti di opposizione hanno chiesto di promuovere i presepi come simbolo di “integrazione”.
Ad Ascoli Piceno, l’Amministrazione comunale (sempre Fdi) ha donato un presepe acquistato a Betlemme e un albero di Natale a tutte le scuole di infanzia, primaria e media del territorio. E l’elenco potrebbe continuare all’infinito.
Insomma, come al solito, con la promozione di iniziative come queste, si tenta di trasformare una pratica religiosa in un simbolo identitario e culturale. Come è già successo in più occasioni con il crocifisso.
Per fortuna, a fare da contrappeso, vi sono anche tantissimi presepi, meticci e rivisitati in chiave attuale, che lasciano ben sperare per la diffusione di un vero messaggio di pace e amore.
Se Natale dev’essere, che lo sia per tutti.