Le nostre campagne sono piene di lavoratori stranieri che lavorano al nero non per scelta ma perché i datori di lavoro non sono disponibili a stipulare un regolare contratto di lavoro. Altrettanto accade nell’edilizia, nel settore turistico alberghiero, nella ristorazione e nell’assistenza domestica e familiare. Evidentemente non basta sfruttarli facendoli lavorare senza tutele per un salario inferiore al minimo contrattuale. E’ necessario infierire prevedendo il pagamento di una tassa del 2% sulle rimesse che va ad aggiungersi alle commissioni richieste dalle agenzie che trasferiscono denaro all’estero. E’ quanto propone un emendamento della Lega al decreto sulla manovra finanziaria che prevede l’introduzione di una tassa del 2% sull’invio di denaro da parte di chi non è provvisto di matricola INPS e di codice fiscale.
Non c’è da stupirsi: in questo paese tutto sta andando al contrario. La regola è non toccare i privilegi delle classi più ricche e colpire invece i più deboli. No alla patrimoniale, non a un sistema fiscale che aumenti la progressività dei prelievi chiedendo a chi ha un reddito più alto di contribuire in misura relativamente maggiore al riequilibrio della finanza pubblica; sì invece all’indebolimento del sistema di welfare attraverso i tagli agli enti locali e la riforma delle pensioni.
Sui migranti si infierisce sempre e comunque più per demagogia che per altro. Già la legge 94/2009 ha introdotto l’obbligo di presentare il permesso di soggiorno alle agenzie di money transfer senza il quale queste non sono abilitate a effettuare i trasferimenti di denaro. Con la proposta di questi giorni si va a colpire chi il permesso di soggiorno in qualche modo ce l’ha ma non ha un regolare contratto di lavoro. Se l’emendamento verrà accolto dal Parlamento, succederà ciò che succede sempre: i migranti per spedire i risparmi alle loro famiglie saranno costretti a ricorrere ad amici e parenti titolari del codice fiscale e della matricola INPS. I più sfortunati dovranno invece rivolgersi a mediatori che chiederanno loro un ulteriore “contributo”. Naturalmente per i datori di lavoro che sfruttano i lavoratori al nero non è prevista nessuna “tassa”.